Uno scavo archelogico a Chiaramonte Gulfi, nel ragusano, ha portato alla luce una necropoli del III-IV secolo d.C.
La sensazionale scoperta è stata il frutto di un cospicuo lavoro di collaborazione tra gli studenti dell’Università di Bologna e i giovani richiedenti asilo ospiti di una comunità di accoglienza.
Dall’ottobre 2018 l’Università di Bologna (Dipartimento di Storia Culture e Civiltà e Dipartimento di Beni Culturali) ha avviato un progetto di collaborazione con la Soprintendenza archeologica di Ragusa, il Comune e la Cooperativa Sociale Nostra Signora di Gulfi. I giovani migranti sono ragazzi dai 18 ai 25 anni che con occhi speranzosi, euforici si impegnano in turni di scavo, insieme al team di professionisti guidato dagli archeologi della Soprintendenza Anna Maria Sammito e Saverio Scerra. I ragazzi coinvolti oltre alla gioia della scoperta e a un bel bagaglio di esperienza riceveranno un attestato di partecipazione e una borsa lavoro di 400 euro al mese.
Dalle prime indagini ad oggi sono state portate alla luce ben 101 sepolture databili tra l’età imperiale a quella tardoantica e un copioso corredo funerario che lascia pensare a una comunità ricca e di ceto sociale elevato. Sono stati inoltre rinvenuti sarcofaghi litici di pregevole fattura e numerose fosse terragne scavate nella terra e chiuse con grosse lastre con pietra di inzeppamento e argilla.
I risultati dei lavori sono stati presentati a Bologna nel corso del convegno “Archeologia negli Iblei tra ricerca e integrazione”, promosso dai Dipartimenti di Beni Culturali e Storia, Culture e civiltà dell’ateneo bolognese. Un progetto sperimentale che ha saputo mettere insieme integrazione e valorizzazione dei beni culturali. Si tratta davvero di un modello virtuoso, tra sviluppo del territorio, politiche per l’integrazione, misure di inclusione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico.
Fare bene si può e si deve, nel nome di una cura necessaria: per le persone, per le comunità, per i luoghi, per la conoscenza.