C’è un silenzio strano, ad Agrigento. Un silenzio che non appartiene né alla notte né alla pace. È il silenzio dell’attesa disillusa, del sogno infranto, del vuoto che segue le grandi promesse non mantenute. Doveva essere l’anno della rinascita, l’occasione per rimettere al centro la Sicilia antica e futura, la terra di Empedocle, dei templi e della frontiera. E invece, Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025 è diventata un caso nazionale, una metafora amara dell’Italia che si illude con le parole e affonda nei fatti.
16 marzo 2023: la proclamazione
È tutto cominciato con entusiasmo. Il 16 marzo 2023, la città ottiene il prestigioso titolo. Il dossier vincente – “Il sé, l’altro e la natura” – è filosofico, evocativo, persino mistico: si richiama agli elementi primordiali di Empedocle, al rapporto tra l’uomo e il suo habitat, al Mediterraneo come spazio di incontro e trasformazione. L’Italia si volta verso Agrigento, con curiosità e speranza.
3 agosto 2023: la Fondazione Agrigento 2025
Pochi mesi dopo, nasce la Fondazione incaricata di dare forma concreta al progetto. Alla presidenza viene nominato Giacomo Minio, economista culturale. Alla direzione generale Roberto Albergoni, già ideatore della candidatura di Palermo Capitale della Cultura 2018. Il clima, all’inizio, è di collaborazione e ottimismo.
Fine 2024: le prime crepe
Ma in Sicilia, dove le stagioni della politica sono più brevi delle stagioni del clima, i progetti lunghi faticano a sopravvivere. Già a fine 2024 il meccanismo si inceppa. Il programma culturale ritarda, gli enti locali entrano in rotta di collisione. Si moltiplicano indiscrezioni su dissidi gestionali, rallentamenti tecnici, mancate delibere. E mentre la città aspetta, il tempo passa.
14 gennaio 2025: la débâcle romana
La conferenza stampa nazionale a Roma, prevista per il lancio ufficiale del programma, si trasforma in una débâcle: assenti il Ministro della Cultura Alessandro Giuli e il Presidente della Regione Renato Schifani. Una sala vuota, simbolo eloquente dell’imbarazzo istituzionale.
25 gennaio 2025: le dimissioni di Minio
Undici giorni dopo, arriva la prima frattura ufficiale: Giacomo Minio si dimette, parlando apertamente di “avvicendamento politico” e denunciando pressioni da parte del sindaco Francesco Miccichè. Le sue parole lasciano poco spazio ai dubbi: “Non c’erano più le condizioni per proseguire. Il progetto è stato piegato a logiche di potere locale.”
26 febbraio 2025: indaga la Corte dei Conti
Appena un mese più tardi, la Corte dei Conti per la Regione Siciliana apre un’indagine formale sulla gestione della Fondazione. Nel mirino ci sono 5 milioni di euro di fondi pubblici: 4 dalla Regione, 1 dal Ministero, più il gettito della tassa di soggiorno. Il Codacons chiede trasparenza, l’attenzione dei media si fa martellante.
Marzo 2025: eventi cancellati, pioggia al Pirandello
A marzo il nervo scoperto si fa emorragia. Alcuni eventi di punta vengono cancellati o rinviati: salta l’incontro con i filosofi Cacciari, Mancuso e Veneziani, rinviato anche l’Efebo d’Oro. La causa? Mancanza di fondi, incertezze logistiche, ritardi burocratici.
Ma è la sera di un concerto al Teatro Luigi Pirandello a trasformarsi in simbolo della crisi: piove dal soffitto sul pubblico. Il teatro, luogo designato per ospitare i momenti più alti dell’anno culturale, si trasforma nell’icona del crollo strutturale e morale del progetto.
25 marzo 2025: si dimette anche Albergoni
Il colpo finale arriva il 25 marzo. Roberto Albergoni, figura centrale del dossier vincente, si dimette dal ruolo di direttore generale. Le sue parole sono lucide e amare: “Ci sono troppe spinte divergenti, e nessuna chiarezza nella direzione politica.”
Fine marzo 2025: il tavolo tecnico e la nuova presidenza
A fine marzo, la Regione convoca un tavolo tecnico d’emergenza. Il presidente Schifani, dopo settimane di silenzio, annuncia un intervento diretto. A Minio succede Maria Teresa Cucinotta, ex prefetto. Una figura tecnica, scelta per arginare il caos. Ma anche questa nomina viene accolta con sospetto: per alcuni è il segnale di un commissariamento mascherato.
Verso Aprile 2025: la minaccia del sindaco
E infine, il paradosso: il sindaco Miccichè dichiara pubblicamente che, se le criticità non saranno risolte, la città restituirà il titolo. Il gesto è senza precedenti. Un’ammissione di fallimento che diventa atto d’accusa contro lo Stato, la Regione, forse contro la stessa città.
Cosa resta oggi, primavera 2025?
Un titolo ancora formalmente in vigore, ma di fatto paralizzato. Un dossier visionario che si scontra con la polvere dei cantieri mai aperti. Due dimissioni eccellenti. Un’indagine in corso. Eventi cancellati. Fondi sotto scrutinio. Cittadini disillusi.
Agrigento oggi non è la Capitale della Cultura. È la Capitale dell’Occasione Mancata. Un emblema di ciò che accade quando la cultura diventa slogan, la politica si fa piccolo cabotaggio, e il futuro si riduce a promesse senza radici. Ma ogni crisi è anche un bivio. Se la città saprà guardarsi con onestà, se lo Stato saprà intervenire senza retorica, se la cultura tornerà a essere costruzione e non solo decorazione, allora qualcosa potrà ancora salvarsi.
Altrimenti, resterà solo la pioggia. E un silenzio che, più che attesa, sa di resa.