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VIDEO Daniel Libeskind, l’architetto visionario e il valore del ponte sullo Stretto

"Il Ponte non deve essere solo un mezzo per collegare un punto A a un punto B, ma un’opportunità per scoprire e condividere il valore del luogo"
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MESSINA – Daniel Libeskind, celebre architetto di fama mondiale noto per opere iconiche come il Museo Ebraico di Berlino, il masterplan del World Trade Center a New York e il quartiere City Life a Milano, ha condiviso la sua visione durante un incontro al Comune di Messina, dedicato al ponte sullo Stretto. Invitato dalla commissione per il Ponte, Libeskind ha presentato il suo contributo progettuale e riflettuto sull’impatto di un’opera così ambiziosa per il territorio dello Stretto.

Il centro direzionale, legame tra mare e montagna

Nella sua partecipazione, Libeskind ha illustrato il progetto del centro direzionale di Villa San Giovanni, un’opera dal forte impatto architettonico e simbolico, concepita per mettere in relazione il mare e la montagna. L’architetto ha sottolineato come un’opera di tale portata non debba essere concepita esclusivamente come infrastruttura funzionale, ma come un elemento capace di evocare connessioni culturali e umane.

Libeskind ha spiegato: “Il Ponte non deve essere solo un mezzo per collegare un punto A a un punto B, ma un’opportunità per scoprire e condividere il valore del luogo. È un simbolo che genera relazioni, crea comunità e rafforza la consapevolezza del vivere insieme”.

Il Ponte come nuova piazza del Mediterraneo

Rispondendo alle domande degli architetti durante un incontro presso l’Università, Libeskind ha approfondito il significato sociale e culturale del ponte sullo Stretto. Secondo la sua visione, il ponte non è semplicemente un’opera ingegneristica, ma una grande piazza moderna per il Mediterraneo. “La piazza, nel senso classico, è il luogo dove la gente accoglie la gente, dove si creano relazioni umane e si celebra la consapevolezza del luogo e del tempo in cui si vive”.

L’architetto ha anche messo in evidenza l’importanza di unire persone non solo fisicamente, ma anche emotivamente e culturalmente, in un’epoca in cui la tecnologia rischia di isolare gli individui: “Abbiamo sistemi di connessione digitale, ma manca il senso di comunità. Il ponte, invece, ha il potenziale di generare incontri reali, vicinanza e scambio”.

Un’architettura al servizio dell’eternità

Libeskind ha concluso sottolineando che l’architettura deve servire non solo a rispondere a esigenze tecniche e funzionali, ma a valorizzare l’identità di un luogo e la sua dimensione eterna. “Il vero significato del Ponte non è nell’opera in sé, ma nel suo potere di rendere le persone consapevoli di ciò che vivono e di ciò che rappresentano. È questo che l’architettura deve prediligere: la capacità di creare una connessione tra spazio, tempo e umanità”.