Sono diversi, ma forse neanche troppo, i due protagonisti de “La mia ombra è tua”, film presentato in anteprima al Taormina Film Fest e dal 29 giugno al cinema. Il nuovo lungometraggio di Eugenio Cappuccio è un adattamento dal romanzo omonimo di Edoardo Nesi (anche sceneggiatore con la co-produttrice Laura Paoloucci e il regista).
Guarda un momento della conferenza stampa di presentazione
I personaggi principali rappresentano due generazioni a confronto. Da un lato, c’è Emiliano De Vito interpretato da Giuseppe Maggio, venticinquenne neolaureato in Lettere antiche col massimo dei voti e disoccupato; dall’altro, Marco Giallini nei panni di Vittorio Vezzosi, un burbero scrittore sessantenne con all’attivo un solo libro di grande successo, del quale si attende invano un seguito da oltre vent’anni.
Durante la conferenza stampa del film si è parlato molto di scontro generazionale e di periodi diversi con problematiche distinte; divario che si è acceso anche durante la presentazione, in cui Maggio e Giallini non sono sembrati, come nel film, d’accordo sull’argomento. Per Giallini, infatti: “ grazie anche all’uso dei social siamo tutti presenti e partecipi degli stessi problemi”.
Nonostante le differenze evidenti tra i due personaggi, viene a galla come ha sostenuto il regista qualcosa che accomuna i due uomini “Insomma, due letterati distanti non solo per generazione, Emiliano e Vittorio, ma accomunati da una mancanza di centratura asfissiante, professionale, affettiva, che li destabilizza”.
Cappuccio, ha voluto raccontare una storia “sulla perdita di colpevolezza e la conquista dell’innocenza, della consapevolezza che ‘da soli’, se pur non è impossibile tirare a campare, certamente non è così piacevole”.
Il regista ci è riuscito attraverso due figure “due fragilissimi maschi d’oggi, separati da oltre trent’anni di sostanziale incomunicabilità colpevole, due tipi “interrotti” che, chilometro dopo chilometro, divengono “maestri speculari” del reciproco salto nel vuoto di una nuova età personale. Alla ricerca, sostanzialmente, di amore ed equilibrio”.
Grande importanza in questo percorso, non a caso, la rivestono le due figure femminili principali (interpretate da Ferrari e da Anna Manuelli, presenti all’incontro), che, sottolinea il regista, “costituiscono in tal senso la sfida, con le loro istanze, di un’anima meno avvitata su se stessa”.
Il film inoltre è uno sguardo sul nostro Paese oggi, un on the road: “La A1, la Porrettana, Bologna, trafori e Milano, stazioni di rifornimento, disco lupanari di periferia, magnifiche trattorie emiliane, scintillanti alberghi milanesi di gelido lusso, assurde fiere del Vintage dominate dalla frenesia del “prima si stava meglio”.
Il messaggio che il regista ha voluto trasmettere con questo lavoro è quello di un passaggio di umanità e di valori e non solo di cose e denaro da una generazione all’altra”.