TAORMINA – l’Archivio storico di Taormina ha ospitato la presentazione del libro F1 Backstage. Storie di uomini in corsa, scritto da Riccardo Patrese in collaborazione con Giorgio Terruzzi. L’evento, organizzato dall’assessorato allo Sport del Comune, ha visto l’ex pilota dialogare con l’assessore Mario Quattrocchi e il moderatore Sebastian Marabello, offrendo al pubblico un ritratto sincero della sua carriera e del mondo della Formula 1. Patrese ha risposto alle domande con grande trasparenza, raccontando i momenti cruciali della sua lunga carriera. Ed ha risposto anche alle domande di RadioTaormina Tv (IN ALLEGATO L’INTERVISTA, DOMANI A TAOMATTINA, ALLE 7, IL SERVIZIO VIDEO DELL’EVENTO)
Patrese, quale episodio della sua carriera le ha richiesto più forza interiore per andare avanti?
“Beh, ce ne sono parecchi, perché anche la perdita di un compagno, come Elio De Angelis nell’86, ha richiesto molta forza per dire ‘vabbè, si va avanti’ quando un amico se ne va. Però, quello che forse ha richiesto più forza è stato l’incidente di Monza del 1978, all’inizio della mia carriera, quando tutti hanno cominciato ad accusarmi della tragedia di Ronnie Peterson. Mi sono ritrovato a vivere tre anni molto turbolenti, fino ad affrontare un processo in tribunale”.
Come ha vissuto quel momento e quanto ha influenzato la sua carriera?
“L’ho vissuto pesantemente, ma con la coscienza a posto, perché sapevo di non essere colpevole. Questo mi dava sollievo, anche se le critiche della stampa e dei colleghi mi hanno spinto a chiudermi a riccio. Sono diventato più diffidente, ma anche più forte. All’inizio della carriera, però, potevo sembrare antipatico perché non ero molto espansivo”.
Nel libro racconta aneddoti su Villeneuve, Schumacher e altri grandi piloti. C’è un ricordo che li rappresenta meglio?
“No, ognuno ha un ricordo per ognuno. Con Gil Villeneuve, Michael Schumacher, Ayrton Senna e altri piloti della mia epoca abbiamo vissuto una Formula 1 fatta di istinto e spontaneità. Ci conoscevamo bene tutti quanti. Eravamo grandi lottatori in pista, ma fuori riuscivamo a passare momenti simpatici insieme”.
Come descriverebbe l’evoluzione del ruolo del pilota in Formula 1 dalle sue prime gare a oggi?
“Sono due personaggi completamente diversi. Oggi i piloti sono più esecutori, mentre noi dovevamo essere anche creatori. Dovevamo contribuire a costruire le macchine, fare i collaudatori, mentre ora tutto questo viene gestito al 99% dalla tecnologia, dai computer, dalle gallerie del vento. Oggi chi guida deve essere molto talentuoso, ma ha meno responsabilità tecniche. Ai miei tempi non c’era neanche la radio in macchina, tutto dipendeva dal feeling del pilota”.
Guardando al futuro della Formula 1, quali aspetti vorrebbe preservare e quali migliorare?
“Preservare? Non è facile. La Formula 1 di oggi è fuori dalla mia filosofia, mi piaceva molto di più com’era ai miei tempi. Capisco che ogni sport evolve, ma sacrificherei un po’ di prestazioni delle vetture per favorire lo spettacolo. Inoltre, renderei i regolamenti meno fiscali e più chiari: spesso si prendono decisioni diverse per casi simili, creando confusione”.
Il pubblico, composto da appassionati e curiosi, ha apprezzato la schiettezza di Patrese, che con il suo libro racconta senza filtri una carriera fatta di trionfi, sfide e resilienza. “F1 Backstage è un viaggio umano prima che sportivo”, ha concluso il pilota, lasciando un messaggio che ha emozionato tutti: “La Formula 1 mi ha insegnato a lottare, ma anche ad accettare ciò che la vita ti mette davanti. È questa la vera vittoria”.