L’ebreo
Cultura

La “Simana dû Sicilianu” a Letojanni, un ponte linguistico transoceanico per salvare la lingua madre

L'iniziativa discute del futuro della lingua siciliana tra memoria, identità e valorizzazione culturale

LETOJANNI – Una lingua che non è un dialetto, una memoria che attraversa gli oceani, una battaglia culturale che unisce studiosi, istituzioni e cittadini, questo il cuore pulsante della “simana dû sicilianu”, un’iniziativa creata per riportare il siciliano, al centro del dibattito identitario e linguistico. Organizzata da un gruppo di giovani studiosi e appassionati della lingua siciliana sparsi tra l’Isola e l’America, l’iniziativa, ha preso forma come un vero e proprio movimento transoceanico. Il progetto si propone non solo di celebrare, ma soprattutto di normalizzarne l’uso quotidiano della lingua, svincolandola dagli spazi ristretti, familiari o informali, in cui è stato storicamente confinata attraverso un appuntamento fissato per giovedì 3 aprile 2025 alle 16.30, presso l’Aula Consiliare del Comune di Letojanni.

“La Simana, rappresenta un’occasione per abituarci alla normalità dell’uso del siciliano, spesso ghettizzato. Il percorso per normalizzarne l’utilizzo è ancora lungo, ma iniziative come questa possono accelerare il processo, aumentando la consapevolezza delle persone”, spiegano i promotori dell’iniziativa riuniti sotto l’acronimo Auclis.

Il siciliano è una lingua, non un dialetto

Uno dei principali obiettivi dell’iniziativa è quello di ribadire, con forza e rigore scientifico, che il siciliano, per la storia ed il valore letterario che lo accompagna, non è da intendersi come un dialetto. Troppe volte la lingua madre dell’Isola è stata relegata a un ruolo marginale, priva di dignità accademica, eppure come sottolineato da numerosi studiosi e cultori della materia, il siciliano presenta un impianto fonologico e grammaticale articolato, stratificato nel tempo attraverso influenze plurime e sovrapposte ed una ricchezza culturale che lo rende un caso unico nel contesto linguistico italiano ed europeo. A confermarne lo status di lingua a pieno titolo è la linguistica stessa, disciplina scientifica che, in quanto tale, offre una valutazione oggettiva e rigorosa, sganciata da pregiudizi e semplificazioni.

Una lingua da salvaguardare

Affrontare il tema della salvaguardia della lingua siciliana si configura oggi come una vera e propria priorità culturale. Come emerso nel corso della conferenza, infatti, il siciliano non gode dello status di patrimonio immateriale dell’umanità riconosciuto dall’Unesco come erroneamente spesso si tende a credere, bensì risulta classificato come una lingua in pericolo di estinzione. Una realtà che sollecita una presa di coscienza collettiva e, ancor più, l’urgenza di interventi concreti e sistemici.

È in questo contesto che si inserisce il significato profondo dell’iniziativa, offrire uno spazio di confronto serio e partecipato su ciò che la lingua siciliana rappresenta oggi, sulle sue radici storiche e sul ruolo che potrà e dovrà assumere nel futuro. Attraverso le riflessioni dei relatori, tra cui il professor Palella, è emerso un percorso che parte dalla memoria intesa sia nella sua dimensione temporale, legata alle generazioni passate, sia in quella spaziale, con riferimento alle comunità siciliane nel mondo per approdare infine alla sfera educativa e istituzionale, considerata leva imprescindibile per la tutela e la valorizzazione della lingua. Ancora più cruciale, però, è il ruolo della scuola. Solo attraverso l’insegnamento strutturato e qualificato del siciliano, dalle scuole primarie fino all’università, sarà possibile radicare un nuovo rapporto con la lingua, trasmettendola alle giovani generazioni non come curiosità folcloristica, ma come patrimonio vivo, quotidiano e pienamente dignitoso.