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“Tournedos alla Rossini”, al teatro Massimo il mistero del compositore tra musica e ironia

Il mistero del silenzio creativo dell'artista rivive in una commedia musicale raffinata e surreale, firmata Paolo Vittorio Montanari

PALERMO – Una commedia brillante, raffinata, nutrita da musica e battute, che scava con leggerezza nell’enigma esistenziale di un gigante della storia della musica, questa l’identità di Tournedos alla Rossini, lo spettacolo in scena nell’incantevole cornice della Sala ONU del teatro Massimo di Palermo. Una produzione originale che mette in scena, da sabato 9 maggio a domenica 18 maggio, l’enigma biografico e umano di Gioachino Rossini, il compositore che, dopo aver dominato le scene europee con opere capitali, si ritirò improvvisamente dalla ribalta a soli 37 anni.

Firmato da Paolo Vittorio Montanari, autore anche della drammaturgia e della ripresa registica, con la regia di Yamal das Irmich e la direzione musicale del maestro Elia Andrea Corazza, lo spettacolo si sviluppa attraverso un impianto teatrale che alterna recitazione, canto e momenti sinfonici. Un’operazione colta e accessibile che, valorizzando il repertorio rossiniano, dalle opere più note ai Péchés de vieillesse, restituisce al pubblico un ritratto vivo, ironico e spiazzante del grande compositore pesarese.

Rossini tra genio ed ironia

La domanda che attraversa lo spettacolo è semplice e vertiginosa: perché Rossini, a soli 37 anni e dopo il trionfo del Guglielmo Tell, ha deciso di non scrivere più opere liriche lasciando increduli i contemporanei? Il quesito ancora oggi affascina e interroga musicologi e appassionati e lo spettacolo, in tal senso lo riprende senza pretendere di rispondere in modo definitivo, ma divertendosi ad esplorare i possibili motivi con spirito teatrale, dalla malattia alla pigrizia, dalla disillusione politica al rigetto della modernità, fino all’amore viscerale per la cucina.

In scena si alternano personaggi reali e immaginari, memorie private e grandi questioni culturali sullo sfondo di una Parigi del 1861 fatta di salotti borghesi, tartufi mancati e visite inaspettate. In questo microcosmo surreale e ironico, un Rossini ormai anziano, burbero ma tenero, riceve tre ospiti inattesi, la giovane e ingenua cantante Adelina Patti (interpretata da Noemi Muschetti e Federica Maggì, in alternanza), l’amico di un tempo Antonio Tamburini (con i baritoni Daniele Muratori Caputo e Diego Savini) ed il giornalista ficcanaso Marius Luciani, impersonato da Paride Cicirello, deciso a estorcere al compositore la verità sulla sua scomparsa dalle scene. Accanto a loro, Roberto Burgio veste con misura e ironia i panni del protagonista.

Una partitura teatrale tra opera e peccati di vecchiaia

La drammaturgia di Montanari si nutre di contrappunti musicali, lo spettacolo attinge infatti alle opere più celebri di Rossini tra cui: Il barbiere di Siviglia, Il turco in Italia, Il signor Bruschino, ma anche ai celebri Péchés de vieillesse, i cosiddetti “peccati di vecchiaia”, pagine minori e raffinatissime che il compositore scrisse per sé e per gli amici più intimi. Brani in cui convivono lirismo, parodia e ironia surreale, perfettamente in linea con il tono dello spettacolo. Il risultato è un’architettura teatrale complessa e godibile, in cui le parole dialogano con la musica, le arie si intrecciano ai monologhi ed ogni elemento, dalla regia di das Irmich alle luci di Vincenzo Traina, agli elementi scenici curati da Stefano Canzoneri ed ai costumi eleganti e d’epoca firmati Marja Hoffmann, contribuiscono a costruire un affresco coerente e brillante.

Tournedos come metafora dell’enigma

Il titolo stesso si configura come una chiave interpretativa dell’intera opera, i tournedos alla Rossini, corrispondono ad un piatto ricco e simbolico composto da filetto, foie gras e tartufo, divenendo una metafora della complessità e dell’ambiguità del celebre compositore. “Un piatto così sontuoso da sfiorare il surreale, perfetto emblema dell’enigma rossiniano”, afferma l’autore Paolo Vittorio Montanari. “Rossini, al pari di pensatori come Nietzsche o Leopardi, fu un lucido critico della modernità, la sua scelta di ritirarsi dalle scene rappresenta un atto di rottura, una forma di protesta silenziosa contro il paradigma produttivista e contro l’ossessione dell’efficienza ad ogni costo”.

Con quest’opera, il teatro Massimo non si limita a tributare uno dei grandi nomi della musica italiana, ma propone al pubblico una riflessione attuale, in cui la sospensione e il ritiro diventano strumenti espressivi. Un’opera che, attraverso la leggerezza e l’ironia, restituisce profondità e valore al silenzio, elevandolo a gesto poetico e politico.

Lo spettacolo andrà in scena sabato 9 e domenica 10 maggio alle 17:00 ed in replica fino al 18 maggio, ai seguenti orari: martedì 13, mercoledì 14giovedì 15 e venerdì 16 alle 11.00 e alle 18.30 mentre, sabato 17 e domenica 18 alle 17.00.