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UniMe in retromarcia, penultima tra i grandi atenei statali nella classifica Censis 2025-26

L’Università scivola al sedicesimo posto su diciassette, pesano le criticità sulle strutture, l'internazionalizzazione, l'occupabilità dei laureati ed il calo delle borse di studio

MESSINA – Una fotografia impietosa, ma non definitiva. L’edizione 2025-2026 della classifica Censis sulle università italiane restituisce all’università degli studi di Messina un’immagine in chiaroscuro, da un lato la conferma di alcune eccellenze nei servizi digitali e nella comunicazione istituzionale, dall’altro il consolidarsi di ritardi strutturali e divari storici che penalizzano l’ateneo nel confronto con gli omologhi di pari dimensione. UniMe si colloca infatti al sedicesimo posto su diciassette tra i grandi atenei statali con una popolazione studentesca compresa tra i 20.000 e i 40.000 iscritti, segnando un arretramento di due posizioni rispetto alla rilevazione dello scorso anno.

Il significato ed i limiti della classifica

Come di consueto, il Censis ha strutturato il ranking in base a sei parametri analitici, strutture, servizi, borse di studio, internazionalizzazione, comunicazione e occupabilità. È doveroso precisare, come osservato anche dalla governance universitaria, che il ranking non prende in considerazione due aspetti cardine della missione accademica, corrispondenti alla qualità della didattica ed all’efficacia della ricerca scientifica. Tuttavia, il punteggio medio complessivo dell’ateneo peloritano scende da 80,7 a 79,3, rimanendo comunque al di sopra dei valori registrati nel biennio 2021-2023.

Il dato impone una riflessione seria e concreta, lontana da allarmismi ma altrettanto distante da ogni tentazione autoassolutoria.

Indicatori positivi e nodi irrisolti

Sul versante della comunicazione istituzionale e dei servizi digitali, l’università messinese mantiene un posizionamento di rilievo nazionale, attestandosi al terzo posto, a pari merito con l’Università di Catania. Un riconoscimento significativo per l’attività di divulgazione, per la qualità della presenza digitale e per la capacità di dialogo con la comunità studentesca.

Al contrario, le criticità più marcate si registrano nei parametri relativi alla disponibilità di strutture, all’internazionalizzazione e soprattutto, all’occupabilità dei laureati. In questi ambiti, l’università di Messina occupa stabilmente le ultime posizioni della graduatoria, con un punteggio particolarmente allarmante nell’indicatore sull’inserimento professionale post-laurea di appena 67 punti, valore significativamente distante non solo dalla vetta (Milano-Bicocca, con 103), ma anche dalla penultima posizione, occupata dall’Università di Chieti-Pescara (76).

Questo elemento evidenzia un problema strutturale di lungo corso, radicato nella scarsa reattività del tessuto economico e produttivo locale, incapace di assorbire con continuità e qualità i laureati, riflettendo un contesto territoriale in cui le opportunità di impiego qualificato restano frammentarie e instabili.

Borse di studio: allarme in un contesto nazionale difficile

A destare preoccupazione nella rettrice, prof.ssa Giovanna Spatari è stato il dato relativo alle borse di studio che subiscono un calo da 86 a 81 punti. Sebbene il punteggio rimanga in linea con la media nazionale, esso rappresenta ugualmente un indicatore sensibile che risente del generale calo di risorse a disposizione del sistema universitario, rispecchiando, come sottolineato dalla rettrice “le difficoltà già evidenziate da tempo dal mondo accademico” e mettendo un campanello d’allarme rispetto alla sostenibilità del diritto allo studio, in un’area già colpita da importanti disuguaglianze socioeconomiche.

La risposta istituzionale: investimenti, rete e visione territoriale

Intervenendo da Roma, durante una due-giorni istituzionale alla Crui, la prof.ssa Spatari ha precisato: “Le classifiche, come sempre, vanno interpretate con cautela. In questa rilevazione, ad esempio, la didattica e la ricerca pesano quasi nulla. Ciò non toglie che l’arretramento non debba preoccuparci, in diversi ambiti si può intervenire solo con un’azione strategica di medio-lungo termine”.

La rettrice ha ricordato gli investimenti pluriennali effettuati sul fronte delle residenze universitarie e dei servizi agli studenti, il cui impatto ha affermato, “comincerà ad essere percepito a breve, con l’attivazione di nuove strutture e servizi”. Centrale, inoltre, l’impegno dell’ateneo sul piano dello sviluppo territoriale e del dialogo con gli attori istituzionali e privati, perseguendo l’obiettivo dichiarato di ridurre il divario infrastrutturale e sociale rispetto ad altre aree del paese.

Uno sguardo al futuro, un’Università da costruire insieme

In piena campagna immatricolazioni, Spatari ha rivolto un messaggio chiaro alle future matricole: “UniMe garantisce il massimo impegno per offrire qualità, ascolto e opportunità. Il nostro obiettivo è quello di migliorare costantemente, offrendo un contesto formativo all’altezza delle aspettative e dei sogni delle nuove generazioni. Dateci fiducia – ha concluso la rettrice – ma soprattutto date fiducia a questa terra, che ha bisogno del vostro coraggio e della vostra energia per cambiare davvero”.

Conclusione: oltre i numeri, la sfida della trasformazione

Il quadro delineato dal Censis non è una sentenza, ma uno stimolo. La classifica non cattura l’intero potenziale dell’università di Messina, né restituisce appieno le dinamiche in atto in un ateneo che sta tenentando con determinazione di conciliarsi con il proprio territorio, senza rinunciare all’ambizione di crescere. Per trasformare gli indicatori in risposte ed i dati in azioni concrete, occorrono visione strategica, investimenti mirati e una volontà condivisa che guardi lontano. È una sfida che UniMe sembra pronta ad affrontare, nella consapevolezza che il riscatto del Mezzogiorno passa anche e soprattutto dalle sue università.