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Taormina

Taormina, il ponte gastronimico tra Ionio ed Oriente degli chef Miuccio e Uido

Un omakase esclusivo, quello proposto che unisce l’estro creativo siciliano all’eleganza nipponico-francese

TAORMINA – Quello dei sapori, si declina come un alfabeto senza confini, un linguaggio capace di parlare ai popoli, narrando storie, memorie e viaggi, facendo dialogare culture lontane attraverso il semplice gesto, antico ed universale della tavola. A Taormina, balcone sospeso tra cielo e mare, dove l’azzurro del Ionio incontra la forza impetuosa dell’Etna, martedì 19 agosto il grand hotel San Pietro, si compirà un inedito dialogo gastronomico pronto a fondere la cultura siciliana a quella orientale. Il ristorante Batu, punta di diamante della proposta fine dining dell’albergo cinque stelle lusso, ospiterà infatti un omakase a quattro mani firmato dallo chef resident Luca Miuccio e da Tomohiro Uido, stella Michelin con il suo “Le Village Tomohiro” di Marly-le-Roi, alle porte di Parigi.

Un ponte tra due mondi

L’appuntamento nasce dall’idea di trasformare la cucina in un linguaggio capace di fondere due culture diverse. L’omakase, formula giapponese che si traduce letteralmente in “mi affido a te”, invita i commensali ad abbandonare la consuetudine della scelta, per lasciarsi guidare dalla sensibilità dello chef. Una dimensione che, al Batu, si intreccerà con l’identità siciliana, dando vita ad un percorso a sorpresa concepito come un vero e proprio rituale. Il menù, composto da cinque portate accompagnate da champagne, sarà svelato piatto dopo piatto, in un dialogo costante tra materie prime isolane e tecniche d’Oriente.

Ad aprire la serata, il drink di benvenuto servito sulla terrazza La Rotonda sul Mare, nuovo gioiello dell’hotel affacciato sull’Isola Bella, che per l’occasione diventerà scenario esclusivo di una tavola conviviale riservata a soli otto ospiti.

La filosofia di Luca Miuccio

Classe 1987, originario di Taormina, Luca Miuccio porta al Batu una cucina dal respiro internazionale ma profondamente radicata nella sua terra. Cresciuto nell’azienda di famiglia legata alle forniture agroalimentari, ha sviluppato un legame viscerale con la materia prima, affinato negli anni attraverso esperienze in ristoranti stellati e strutture Relais & Châteaux, tra Italia ed estero.

Oggi la sua visione gastronomica si presenta come un manifesto etico e creativo, in cui i vegetali assumono il ruolo di protagonisti assoluti, mentre carne e pesce diventano presenze misurate, pensate per esaltare e non sovrastare l’essenza del piatto. Un approccio che riflette anche una profonda attenzione alla sostenibilità e al rapporto tra cucina e ambiente. Al Batu, questa filosofia prende forma in creazioni eleganti, capaci di raccontare le radici siciliane con linguaggio moderno ed uno sguardo contemporaneo.

L’eleganza franco-nipponica di Tomohiro Uido

La stessa ricerca di equilibrio guida il percorso di Tomohiro Uido, nato in Giappone ma da sempre affascinato dalla cucina francese. Dopo una formazione nei templi dell’alta ristorazione europea, tra Belgio e Costa Azzurra, ha trovato nei dintorni di Parigi la sua cifra stilistica. Insieme alla moglie Nadine ha dato vita, nel 2001, a Le Village Tomohiro, raffinato ristorante che nel 2011 ha conquistato la stella Michelin.

La sua cucina si presenta come un incontro tra l’eleganza nipponica e la solidità della tradizione francese, un equilibrio di tecnica e senso estetico che fa di ogni piatto un piccolo quadro. A Taormina, Uido porterà questa sensibilità, intrecciandola con le suggestioni mediterranee di Miuccio.

Il rito della tavola condivisa

L’esperienza si concluderà con un dessert a quattro mani, simbolo dell’incontro culturale, accompagnato da un brindisi finale che consentirà agli ospiti di scegliere tra sake e passito. Una chiusura che ribadisce la natura dell’evento, un rito conviviale, occasione per esplorare il confine tra due cucine e due filosofie gastronomiche. Per una sera, tra i profumi del Mediterraneo e le geometrie del Sol Levante, la tavola di Taormina diventerà teatro di un dialogo senza confini, dove la fiducia nello chef diventa strumento di scoperta e la cucina un linguaggio universale.