MESSINA – In Italia sono stati registrati dall’inizio della stagione 351 casi di infezione da virus West Nile, con 22 decessi e una diffusione che ha raggiunto nuove aree del Paese. Nel Messinese il primo caso è stato diagnosticato nei giorni scorsi all’ospedale Papardo: si tratta di una donna di 74 anni, ricoverata nel reparto di Malattie infettive, che mostra segnali di miglioramento. La prognosi verrà sciolta martedì 26 agosto.
L’Asp di Messina ha rafforzato la sorveglianza epidemiologica e ambientale. Ai sindaci dei comuni della provincia è stata inviata la richiesta di intensificare campagne di disinfestazione e bonifica, mentre il Dipartimento di prevenzione ha avviato ulteriori monitoraggi sugli animali e sull’ambiente.
Abbiamo incontrato il dottor Antonio Albanese, responsabile dell’Uosd Malattie Infettive del Papardo, e la dottoressa Serena Mirone, dirigente medico dello stesso reparto, che è stata la prima a visitare la paziente al Pronto soccorso.
Dottore Albanese, quali sono i sintomi più frequenti e quando bisogna rivolgersi al pronto soccorso?
“I sintomi più comuni sono febbre e dolori muscolari, un quadro simile influenzale che riguarda circa l’85% dei pazienti. Nelle forme più gravi possono comparire cefalea, rigidità nucale, perdita di coscienza. In questi casi è fondamentale recarsi subito in pronto soccorso per una valutazione completa”.
La paziente ricoverata al Papardo sta migliorando. Quando sarà sciolta la prognosi?
“Verosimilmente domani mattina, martedì 26 agosto, dopo aver completato gli accertamenti neurologici. La signora è più vigile, collaborativa e meno affaticata. Anche gli esami ematochimici sono in netto miglioramento”.
Quanto ha contato la collaborazione tra pronto soccorso, malattie infettive e laboratorio?
“Moltissimo. Senza il lavoro congiunto con il dottor Calandra e con la dottoressa Mirone non avremmo raggiunto la diagnosi così rapidamente. L’arachicentesi ha escluso altre patologie neurologiche e ci ha spinti a chiedere la ricerca del West Nile al laboratorio, che si è attrezzato subito per queste indagini”.
Quali protocolli sono stati seguiti per il ricovero?
“Il virus si trasmette solo tramite zanzare infette, quindi non erano necessarie misure straordinarie. Ma inizialmente la signora è stata isolata precauzionalmente fino all’esclusione di altre infezioni. Una volta confermata la diagnosi, è stata seguita in reparto con la normale assistenza delle malattie infettive”.
Qual è la terapia?
“Non esistono antivirali specifici. Usiamo terapie di supporto: liquidi, cortisone per ridurre l’edema cerebrale e favorire un recupero rapido delle funzioni”.
Chi rischia di più?
“Gli anziani con patologie croniche o immunitarie fragili, come nel caso della signora”.
Come avviene il contagio e quali misure di prevenzione sono più efficaci?
“Il contagio avviene con la puntura di zanzare infette. Non c’è trasmissione diretta tra persone. È importante eliminare i ristagni d’acqua nei sottovasi, tombini, bidoni, perché diventano ricettacolo di larve. Repellenti e zanzariere restano fondamentali”.
Il caso di Messina può considerarsi isolato?
“Ad oggi sì. L’Asp ha attivato le verifiche sul territorio per escludere la circolazione del virus tra animali e vettori. È un caso isolato, ma restano necessarie attenzione e prevenzione”.
Qual è il ruolo dei medici di base?
“Fondamentale. Devono raccogliere un’anamnesi dettagliata e indirizzare subito i pazienti con sintomi sospetti ai nostri reparti, soprattutto se compaiono segni neurologici”.
Le disinfestazioni straordinarie richieste ai sindaci sono importanti?
“Sì, anche se sarebbe stato meglio anticiparle in primavera. Servono a ridurre la popolazione di zanzare e quindi il rischio di trasmissione”.
Cosa dimostra l’esperienza del Papardo?
“Che la collaborazione tra reparti e figure professionali è decisiva. Solo così si possono affrontare con efficacia situazioni complesse come questa”.
Le dichiarazioni della dottoressa Serena Mirone
Dottoressa Mirone, lei è stata la prima a visitare la paziente al Pronto soccorso. Che quadro clinico ha riscontrato?
“La signora presentava febbre persistente da sei giorni, cefalea, una lieve rigidità nucale e un iniziale stato soporoso. Era vigile ma con tendenza a un obnubilamento del sensorio”.
Quali passi ha ritenuto indispensabili in quel momento?
“Ho richiesto subito esami fondamentali: una tac cranica e l’arachicentesi. Dopo circa due ore la paziente è stata ricoverata come sospetta meningoencefalite. Il giorno successivo è arrivata la conferma della positività al West Nile”.
Quanto è stato importante il lavoro di squadra?
“È stato decisivo. La collaborazione tra pronto soccorso e malattie infettive ha permesso di arrivare rapidamente alla diagnosi e di avviare il percorso terapeutico”.
Al pronto soccorso sono arrivati altri casi sospetti dopo questo episodio?
“No, non ci sono stati altri casi sospetti. Questo è rimasto l’unico finora. Qualche cittadino si è presentato con preoccupazioni, ma non abbiamo riscontrato quadri compatibili”






