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INTERVISTE Il procuratore D’Amato e il comandante dei carabinieri Arcidiacono: “La mafia cambia forma, ma non rinuncia al controllo del territorio”

Tentata estorsione nel cantiere di Fondo Fucile, l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia fermata dalla denuncia della vittima. L’appello congiunto: “Denunciare conviene, lo Stato c’è”

MESSINA – “La mafia si adatta, muta pelle, ma resta fedele ai suoi obiettivi”. Lo ha evidenziato il Procuratore della Repubblica di Messina, Antonio D’Amato, nel corso della conferenza stampa tenuta al Comando interregionale “Culqualber”, durante la quale sono stati illustrati i contenuti dell’operazione che ha portato all’esecuzione di tre misure cautelari per tentata estorsione e accesso indebito a dispositivi di comunicazione da parte di soggetti detenuti, con le aggravanti del metodo mafioso e dell’impiego di un minore.

Al centro dell’inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina e condotta dal Nucleo investigativo dei carabinieri, il tentativo di estorsione ai danni di una ditta catanese impegnata nei lavori di risanamento urbano nel quartiere di Fondo Fucile. I provvedimenti riguardano un uomo di 39 anni e uno di 33 anni, già detenuti nelle case circondariali di Palermo e Agrigento, e un 24enne sottoposto alla detenzione domiciliare. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, le pressioni estorsive sarebbero state esercitate anche dall’interno degli istituti di pena, attraverso l’uso illecito di telefoni cellulari.

Le dichiarazioni del procuratore

Nel suo intervento, D’Amato ha evidenziato come le estorsioni continuino a rappresentare uno strumento centrale per le organizzazioni mafiose. “La mafia cambia forma – ha spiegato – ma non cambia la sostanza né le finalità per cui opera, che restano legate alle attività estorsive e al narcotraffico”. Il “pizzo”, ha aggiunto, non è solo una fonte di profitto illecito, ma anche un mezzo per affermare il controllo sul territorio: “Serve a dimostrare forza e a ribadire, senza interruzioni, la presenza mafiosa”.

Determinante, in questo caso, è stata la denuncia immediata della vittima, che ha consentito un intervento tempestivo della polizia giudiziaria. “Proprio grazie a questa scelta – ha chiarito il procuratore – l’estorsione non è stata portata a termine ed è stato possibile contestare il tentativo”. Un passaggio che, secondo D’Amato, conferma quanto la collaborazione delle vittime sia decisiva per spezzare sul nascere le dinamiche criminali.

Il procuratore ha inoltre richiamato l’attenzione sulla criticità dell’uso di telefoni cellulari all’interno delle carceri. “Non è un fenomeno circoscritto a Messina – ha sottolineato –. Le mura del carcere dovrebbero interrompere la capacità operativa dei gruppi criminali, ma ciò non sempre avviene”. Da qui la necessità di un sistema penitenziario più efficace, in grado di garantire sicurezza e, allo stesso tempo, la funzione rieducativa della pena prevista dalla Costituzione.

L’intervento del comandante Arcidiacono

A chiudere la conferenza stampa è stato il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Lucio Arcidiacono, che ha rivolto un appello diretto alla cittadinanza. “Denunciare conviene sempre – ha dichiarato –. Questa operazione dimostra che stare dalla parte dello Stato è la scelta giusta: lo Stato c’è, è presente e interviene con indagini rapide ed efficaci”.

Arcidiacono ha però evidenziato un dato che resta allarmante. “Le denunce sono pochissime, quasi nulle – ha ammesso –. Spesso gli episodi estorsivi emergono solo grazie alle attività investigative, e solo in un secondo momento le vittime decidono di denunciare. In altri casi, purtroppo, nemmeno di fronte all’evidenza si trova il coraggio di farlo”.