MESSINA – Un post che va “controcorrente” quello pubblicato dal segretario generale della Cgil, Pietro Patti, nella sua pagina Facebook: “Auguri e complimentoni a tutte le ragazze e tutti i ragazzi che all’esame di stato non hanno avuto 100 e i loro nomi non sono apparsi sui giornali. PS: complimentoni anche alle alunne e agli alunni della secondaria di primo ciclo che non hanno avuto il massimo dei voti. Siete tutti e tutte bravissimi/e. Meno passerelle e meno eventi in pompa magna. Le scuole hanno bisogno di investimenti veri e non di investiture“. Un messaggio che, in un’Italia abituata ad applaudire solo chi prende 100, si rivolge anche a chi ha superato l’esame senza lode, ma con impegno.
“Viviamo in una società performante”
“Noi viviamo in una società – spiega Pietro Patti – che vuole ragazzi tutti bravi, in una società performante, una società del merito dove vengono premiati soltanto quelli che hanno un voto alto. Vorrei ricordare a tutti che il voto, che è soltanto una questione numerica, è un percorso finale degli studi che vengono fatti sia alle scuole superiori con l’esame di Stato, ma anche nelle scuole secondarie di primo grado. Però c’è un elemento determinante secondo me: che bisogna valutare anche la condizione di partenza di tutti i ragazzi e di tutte le ragazze. Molti di loro non vivono le stesse condizioni socioeconomiche in famiglia, magari si hanno dei problemi. Quindi la partenza dal nastro della scuola non è uguale per tutti”.
“Se un ragazzo – prosegue – entra a scuola con delle difficoltà che poi arriva a superarle raggiungendo voti sufficienti all’interno del percorso di studi, io credo che quelli siano ragazzi meritevoli di attenzione. Poi nulla toglie, comunque, a chi ha raggiunto dei grandi risultati, 100 o 10 per quanto riguarda la scuola media. Assolutamente, mi tolgo il cappello. Però io credo che bisogna dire ai ragazzi che loro non sono un numero e che sicuramente quel giorno, che sia l’esame di Stato o quello conclusivo del primo ciclo, non li può additare come bravo o non bravo per tutto l’arco della loro vita. Per questo ho fatto quel post anche da insegnante, anche da genitore, anche da sindacalista. Credo che sia importante dare attenzione e merito a tutti i ragazzi che, chi con poche difficoltà chi con più difficoltà, hanno raggiunto questo primo traguardo. E credo che sia importante dire loro che sono tutti bravi e tutte brave”.
Il voto non caratterizza il singolo studente
Patti ha approfondito il peso eccessivo che il sistema scolastico continua ad attribuire alla valutazione numerica: “Si erano fatti dei passi enormi nel passato eliminando anche nella scuola primaria il voto numerico. Invece, questo governo l’ha reintrodotto. Gli alunni, molto spesso, studiano per avere il massimo dei voti. Io credo che la scuola dovrebbe insegnare, prima di diventare medici, architetti, insegnanti, a diventare cittadini. Cittadini bravi, con i propri diritti, con i propri doveri. E soprattutto, mettere in mano loro gli strumenti per leggere la realtà: quello che è buono, quello che non è buono. Noi dobbiamo dare in mano strumenti critici. Ad esempio, sul tema del clima la nuova generazione è quella che, più di tutti, si spende affinché si combatta il cambiamento climatico. E per questo io ritengo che quel singolo voto non possa essere uno strumento per dire ai ragazzi voi siete bravi per tutta la vita, oppure no”.
“L’insegnante deve essere libero di insegnare”
Il segretario della Cgil, forte anche della sua esperienza come docente, denuncia il peso della burocrazia sulla libertà d’insegnamento: “Molto spesso nella scuola, e qui rientra la mia vecchia professione, chi legifera introduce molta burocrazia. Molto spesso anche gli insegnanti non vengono lasciati liberi di insegnare con i propri metodi, con i propri valori, con i propri ideali. Io invece ritengo che, così come l’alunno debba essere libero di apprendere, l’insegnante debba essere libero di insegnare. E molto spesso questo non accade”.
“La scuola italiana ha ancora troppe lacune”
Patti elenca poi le grandi criticità ancora irrisolte del sistema scolastico italiano: “Nel 2025 le lacune della scuola sono ancora tante: innanzitutto, il precariato diffuso. Molto spesso questo non si dice, ma in Italia noi abbiamo circa un milione di persone che lavorano nella scuola, soprattutto insegnanti. Di questi, 250.000 sono precari. E una scuola non si può basare sul precariato. Molto spesso succede che gli alunni possano cambiare l’insegnante, ad esempio alla scuola primaria, anche 3 o 4 volte in 5 anni. Così come alle superiori. E questo credo sia un danno, soprattutto per i ragazzi, perché ci vuole una certa continuità didattica, anche nei metodi di insegnamento”.
“Un altro elemento importante – spiega il segretario – sono le strutture fisiche. Le scuole devono essere al passo coi tempi, anche rispetto alle nuove tecnologie. Molto spesso abbiamo le LIM, le famose lavagne multimediali, i computer, ma abbiamo le finestre rotte che non si possono aprire quando fa caldo. Oppure, manca l’aria condizionata. Considerato il cambiamento climatico, da noi già a maggio e giugno a scuola non si può entrare. Poi c’è tutto il sistema da rivedere: il rapporto con i genitori, il rapporto tra l’insegnante e il tessuto industriale, le condizioni socioeconomiche del nostro territorio. Bisogna fare dei passi avanti, ma lo si può fare solo con investimenti che nell’arco degli anni, così come anche all’università, si sono ridotti sempre di più. Noi vogliamo una scuola sì efficiente, ma soprattutto efficace nel percorso di studi dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze”.






