TAORMINA – A Taormina, il 9 luglio non è solo la festa del patrono. È anche il giorno in cui la città si ferma, ricorda, si raccoglie. Un giorno di fede, ma anche di memoria. La guerra colpì anche qui, anche nel pieno della devozione. Il 9 luglio 1943, mentre la città si preparava a onorare San Pancrazio, le bombe americane piombarono sul centro storico: un attacco che fece oltre cento morti tra i civili, distrusse la chiesa del Carmine, devastò palazzo Ciampoli, lasciando ferite ancora vive nell’identità collettiva.
Oggi, ottantadue anni dopo, Taormina continua a legare indissolubilmente la fede al ricordo. Alle 11 al cimitero è stata deposta una corona d’alloro in memoria delle vittime del bombardamento. Accanto alla lapide, c’erano il vicesindaco Jonathan Sferra, il presidente del Consiglio comunale Pinuccio Composto, diversi assessori e consiglieri, l’ex sindaco Mario Bolognari, lo storico Piero Arrigo, e soprattutto tanti bambini, perché la memoria si tramanda. La benedizione è stata impartita da mons. Carmelo Lupò, parroco di San Nicolò di Bari.
Ma il 9 luglio è anche festa. Quella che ripete ogni anno lo stesso rito di comunità e speranza. Alle 9, la giornata è iniziata con la celebrazione eucaristica nella chiesa di San Pancrazio.
In serata, alle 19, la messa all’aperto davanti alla chiesa e subito dopo la processione del simulacro del Santo, con sosta in piazza IX Aprile per la benedizione tradizionale. Il rientro in chiesa sarà accompagnato dalla “salita” del simulacro e dalla benedizione della reliquia. Una liturgia civile e religiosa insieme, in cui San Pancrazio non è soltanto il patrono. È la figura che tiene insieme il dolore e la fede, la tragedia e la speranza.






