Le dichiarazioni di mons. Antonino Raspanti, presidente della Conferenza episcopale siciliana
ROMA – Una moltitudine di volti, sorrisi e sguardi carichi di attese. Zaini consumati dal viaggio, croci strette al petto e bandiere che sventolano tra i canti, le preghiere e l’emozione di un abbraccio corale. Roma si lascia travolgere dalla freschezza e dall’energia spirituale di oltre 500mila giovani accorsi da ogni angolo del mondo in occasione del Giubileo dei Giovani 2025, una vera e propria esperienza antropologica, esperimento di fraternità vissuta e di rinascita spirituale condivisa, trasformando la capitale in un laboratorio di umanità in cammino. Un evento imponente, ma al tempo stesso intimo, personale e comunitario, un pellegrinaggio della speranza che, in una società logorata da conflitti e disillusione, dove le parole “speranza” e “futuro” sembrano a volte svanire tra algoritmi e solitudini digitali converge in un’unica meta interiore, come affermato da Papa Francesco, trova nei giovani una delle sue testimonianze più vive e luminose.
Sicilia protagonista: Acireale, Messina e l’abbraccio dell’isola
La Sicilia, in questo viaggio alla riscoperta del senso profondo del cammino, dell’appartenenza e del Dio che si fa prossimo, ha un ruolo di spicco con la partecipazione di centinaia di giovani accorsi da tutta l’isola, da Messina ad Acireale, portando nel cuore la sete di Dio e sulle labbra la parola fragile e potente del futuro. E proprio loro, figli di un’Isola che conosce il dolore e la bellezza, stanno dando voce a un popolo giovane che non ha smesso di credere nella luce, anche quando attorno sembra celarsi oscurità sembra buio.
Il significato del Giubileo
Iniziato il 28 luglio, il Giubileo si inserisce nel percorso tracciato da Papa Francesco e proseguito oggi da Papa Leone XIV, che ha ribadito l’urgenza di “rinnovare il mondo con la pace e la bellezza della verità”. L’Anno Santo è una tradizione secolare, nata ufficialmente nel 1300 con Bonifacio VIII, che affonda le radici nella Bibbia, uno yobel, un suono di corno che annuncia la liberazione, la restituzione, la misericordia. In questo 2025, è stato affidato proprio ai giovani il compito di incarnare, con autenticità e coraggio, la promessa di un nuovo inizio.
Il motto scelto per il 2025, “Pellegrini di speranza” non rappresenta solo uno slogan, ma un invito a rimettersi in cammino, fisico e interiore, in un’epoca che ha sperimentato la frammentazione delle relazioni, la fragilità ambientale, la crisi educativa e la deriva della fede vissuta come formalità.
Una delegazione numerosa, una fede vivace
Con oltre 200 giovani, la diocesi di Acireale si è confermata tra le più numerose della Sicilia. Un mosaico vivente composto da oltre trenta realtà ecclesiali, che coinvilge parrocchie, movimenti, oratori, comunità ed associazioni. Una chiesa giovane, dinamica, che cammina compatta sotto la guida di monsignor Antonino Raspanti, presidente della Conferenza episcopale siciliana, che ha affidato ai ragazzi un mandato dal respiro missionario: “Abbiate il coraggio di testimoniare Gesù”, ha detto loro in cattedrale, durante la Messa del 29 luglio, davanti a una comunità unita dai borghi dell’Etna fino alla costa ionica.
Un messaggio che si innerva nelle parole che il vescovo ha consegnato come testamento spirituale per questo pellegrinaggio: “L’amore si vive nella comunità, nell’ascolto di Dio e degli altri. Non lasciate che questa occasione vada sprecata, cercate Gesù dentro di voi, perchè è già lì”.
A guidare la delegazione acese è don Orazio Sciacca, responsabile della Pastorale Giovanile: “Non è un semplice viaggio – ha spiegato – ma una tappa profonda nel cammino di fede di ciascuno. Abbiamo lavorato ascoltando e accompagnando questi ragazzi nelle loro comunità. Ora è tempo di raccogliere frutti”.
Alex, l’eccezione che illumina
Tra i pellegrini acesi c’è anche Alex, giovane ospite dell’istituto penale per i Minorenni, accompagnato dal cappellano don Francesco Mazzoli. La sua presenza è un segno tangibile della misericordia che si fa carne, un cammino di riscatto che si intreccia con quello di tanti coetanei, simbolo di una chiesa che non esclude. “Credere in questi ragazzi è credere nel Vangelo vissuto – dice don Francesco –. È un messaggio forte, la Chiesa è casa per tutti, significa dichiarare che ogni persona ha diritto a un nuovo inizio e che la speranza non sia solo per i giusti“.
Messina nel cuore della fede
Anche dalla città dello Stretto, tantissimi giovani sono partiti per Roma, portando con sé la ricchezza delle parrocchie messinesi, la vivacità degli oratori, l’entusiasmo di gruppi e movimenti laicali. In un mondo segnato da guerre e solitudini, le parole di Leone XIV risuonano potenti: “Siate luce per il mondo, portate la speranza“.
L’Azione cattolica messinese al Giubileo dei Giovani. Le dichiarazioni del presidente Randazzo
“Siamo felici che al Giubileo dei Giovani sia presente anche l’Azione cattolica diocesana – ha dichiarato a RadioTaormina il presidente dell’Ac di Messina, professor Alberto Randazzo –. Ci sono Emanuela Gitto, vicegiovani nazionale e tesserata con l’Ac S. Stefano di Milazzo; Caterina Donato, segretario diocesano e tesserata con l’Ac di S. Elena, che collabora con la segreteria nazionale; e Oriana Scampitelli, presidente dell’Ac S. Stefano e membro della Commissione diocesana per il Progetto Legalità. Sarà un’esperienza ecclesiale intensamente vissuta – prosegue Randazzo – che ci farà sentire vicini e parte attiva. L’Ac diocesana è in comunione con i tanti giovani che stanno vivendo il Giubileo insieme a Papa Leone XIV e li accompagna idealmente, con il pensiero e la preghiera”.
L’abbraccio del Papa e l’annuncio della speranza: “Non siete contenuto. Siete cuori da incontrare”
Il culmine emotivo è stato il saluto a sorpresa di Papa Leone XIV in Piazza San Pietro, avvenuto nella serata del 29 luglio : “Camminiamo insieme con fede. Il nostro grido sia per la pace. Gridiamolo insieme: vogliamo la pace del mondo“. Un momento che ha scosso i cuori, suggellando l’inizio di una settimana destinata a lasciare un segno. Il Santo Padre ha parlato anche agli influencer cattolici: “Annunciate la pace e riparate le reti digitali. Ogni persona è un volto, non un profilo. Non siate contenuto, ma incontro”, un messaggio che arriva forte anche ai giovani siciliani, spesso protagonisti nel mondo digitale, oggi chiamati a testimoniare offline, nella concretezza della vita.
La liturgia come linguaggio del popolo pellegrino
Al centro dell’esperienza romana c’è la messa, la preghiera condivisa, il passaggio della Porta Santa, la confessione al Circo Massimo, la Veglia di Tor Vergata del 2 agosto e la Messa conclusiva del 3 agosto. Riti, ma al tempo stesso narrazioni collettive, simbolo di un popolo che non si rassegna al cinismo.
Mons. Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione e artefice dell’organizzazione, lo ha ribadito: “Viviamo un tempo violento. Ma la fede è risposta concreta, dare da bere a chi ha sete, restituire dignità, costruire pace. La bontà vince. La speranza è possibile“.
Giovani, missionari della speranza in un mondo che chiede senso
Quella del Giubileo è un’esperienza che riprova che i giovani non sono indifferenti né superficiali. Cercano spazi di verità, parole autentiche, relazioni non mediate. Lo dimostrano le testimonianze dei ragazzi venuti da zone di guerra, dall’Ucraina, dalla Palestina, dall’Africa sub-sahariana. Lo dimostrano gli oltre 5.000 giovani salesiani da 33 Paesi, arrivati con la gioia come bandiera. Lo gridano i canti in mille lingue, gli abbracci, le confessioni notturne, i silenzi nella basilica.
La chiesa, attraverso questo Giubileo, lancia un messaggio profondo, i giovani consapevole che non siano destinatari passivi della fede, ma protagonisti attivi della missione. E la Sicilia, con Acireale, Messina e tutte le altre diocesi presenti, è specchio di questa profezia. Una gioventù che ha fame di Vangelo e che non teme di mettersi in gioco.
L’eredità del pellegrinaggio
Acireale e Messina, con le loro storie, le loro fragilità e la forza della loro fede, rappresentano non solo la Sicilia, ma un’Italia che crede nei suoi giovani, che li ascolta e che li affida alla luce di Cristo come pellegrini di speranza, consapevole che non siano destinatari passivi della fede, ma protagonisti attivi della missione. Lo dimostrano gli oltre 5.000 giovani salesiani provenienti da 33 Paesi, arrivati con la gioia come bandiera, lo gridano i canti in mille lingue, gli abbracci, le confessioni notturne, i silenzi nella basilica e le testimonianze di giovani accorsi anche da zone di guerra.
E mentre Roma ci si prepara alla tanto attesa Veglia di Tor Vergata e alla Messa finale, resta impresso un canto, un sorriso ed il segno di un’umanità giovane che non ha paura di camminare insieme verso un mondo più giusto, più vero, più umano, nel segno di quella speranza espressa nella Bolla di Indzione di Papa Francesco: “Che il Giubileo sia segno di una rinnovata rinascita. La nostra missione è ricostruire la fraternità universale e custodire il creato.







