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Al Vittorio Emanuele va in scena Macbeth, la tragedia di Shakespeare secondo Daniele Pecci

A Messina l’allestimento firmato e interpretato da Pecci, con Sandra Toffolatti, indaga l’abisso dell’ambizione e la deriva della mente in uno dei testi più esoterici del Bardo

MESSINA- C’è un punto, nel teatro di Shakespeare, in cui l’azione diventa irrevocabile. Un varco oltre il quale non è più possibile tornare indietro. È da questa soglia tragica, netta e definitiva, che prende forma il Macbeth diretto e interpretato da Daniele Pecci, in scena con Sandra Toffolatti, in un allestimento al teatro Vittorio Emanuele, che sceglie di scavare con rigore e profondità nei territori più oscuri dell’animo umano.

Un dramma sempre attuale sul potere e la violenza

Tra le tragedie più celebri e perturbanti del Bardo, Macbeth resta un’opera di straordinaria attualità. La parabola di un uomo che, accecato dall’ambizione e spinto dalla profezia, precipita in una spirale di violenza senza ritorno. Un racconto che mette in scena, con crudezza e lucidità, gli effetti devastanti fisici e soprattutto psichici della ricerca del potere perseguita per interesse personale.

La regia di Pecci e il concetto di irreversibilità

Daniele Pecci, alla sua seconda avventura shakespeariana dopo Amleto, affronta il testo con una chiave di lettura che affonda le radici nel concetto di irreversibilità. “Ciò che è fatto, non si può disfare”, scrive nelle sue note di regia, richiamando uno dei nuclei centrali della tragedia. L’atto compiuto segna un confine invalicabile: una volta entrati nel sangue, non resta che proseguire. Macbeth, infatti, non può fermarsi. Ogni delitto chiama il successivo, in una catena omicida che si autoalimenta e che conduce inevitabilmente alla distruzione.

Un incubo lucido tra veglia e sonno

Il regista costruisce così un Macbeth che si muove come un incubo lucido, un’esperienza sospesa tra veglia e sonno, dove la percezione della realtà si fa progressivamente più instabile. È proprio questa ambiguità a dominare la messinscena, in cui il protagonista sembra costantemente sul punto di risvegliarsi, ma più tenta di fuggire dall’orrore, più ne resta prigioniero. Non a caso, Macbeth è forse la più esoterica delle tragedie shakespeariane e Pecci ne asseconda questa natura scegliendo di ambientare l’azione in un paesaggio mentale.

Scenografie visionarie e personaggi come ombre del sogno

Le scene di Carmelo Giammello disegnano lande metafisiche, attraversate da tramonti di sangue e visioni deformate, come se il mondo fosse filtrato dallo sguardo allucinato del protagonista. Spazi non realistici, ma simbolici, che riflettono il progressivo sfaldamento morale e psicologico di Macbeth. In questo universo distorto si muovono personaggi che sembrano emergere da un sogno oscuro. Sandra Toffolatti, nel ruolo di Lady Macbeth, incarna una presenza magnetica e inquietante, capace di rendere palpabile la tensione tra volontà, colpa e follia. Accanto a loro, un cast corale solido e affiatato composto da Duccio Camerini, Michele Nani, Vincenzo De Michele, Gabriele Anagni, Mauro Recanati, Pier Paolo De Mejo, Silvio Laviano, Massimo Odierna, Lorenzo Rossi, Giovanni Taddeucci e Tommaso Tampelloni, contribuisce a costruire un racconto compatto, denso, privo di concessioni.

I costumi di Alessandro Lai dialogano con la scena in una dimensione atemporale, mentre le musiche originali di Patrizio Maria D’Artista accompagnano e amplificano l’atmosfera onirica e perturbante dello spettacolo, sottolineando il carattere ossessivo del dramma.

L’opera dopo essere andata in scena venerdì 12 dicembre alle 21, verrà replicata sabato alla stessa ora e domenica alle 17.30.