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Bianca Garufi, una donna da ricordare

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Spesso ricordata in relazione a Cesare Pavese, di cui fu musa, Bianca Garufi fu una poetessa siciliana che merita di essere riscoperta. Tra i suoi meriti non solo le capacità da scrittrice ma anche da traduttrice e psicoanalista Junghiana.

Bianca nacque a Roma da una nobile famiglia siciliana, la madre infatti, Giuseppina Melita, fu l’unica superstite della ricca e numerosissima famiglia sterminata dal terremoto di Messina del 1908. Nonostante crebbe a Roma, dove studiò in un collegio, le estati le passò sempre in Sicilia, nella casa di famiglia (Palazzo Garufi) a Letojanni, nel messinese, tuttora uno dei più begli edifici storici del comune. Proprio grazie al tempo passato sull’isola, per lei fonte di svago e distrazione, la giovane sviluppò un amore per i paesaggi e per la cultura siciliani, amore che peraltro trapela dai suoi romanzi, lo si può notare in “Fuoco Grande” (1959) e “Il Fossile” (1962)

Particolarmente emblematico il testo incompiuto “Fuoco Grande”, opera scritta a capitoli alterni con la collaborazione del celebre Cesare Pavese che Bianca conobbe subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. In quel periodo la Garufi prese parte alla Resistenza al fianco di Fabrizio Onofri, storica figura del partito comunista italiano, e iniziò a lavorare per Einaudi dove restò dal 1944 al 1958. Il suo ruolo fu quello di segretaria nella sede romana di via degli Uffici del Vicario ed è qui che conobbe Cesare Pavese, all’epoca consulente editoriale per lo stesso editore. I due scoprirono di avere una serie di interessi comuni come quello per la psicoanalisi e per i miti greci, ciò alimentò il loro rapporto intellettuale più che fisico, così come documentato dal ricco carteggio epistolare fra i due scrittori. Un amore platonico e letterario come testimonia il romanzo sopracitato “Fuoco grande” scritto nei primi mesi del 1946 e lasciato incompiuto.

L’eredità di Bianca Garufi non si limita solo alla letteratura, i suoi interessi furono rivolti anche alla psicoanalisi di Carl Gustav Jung, sul quale scrisse la tesi di Laurea in Lettere e Filosofia. Lo studio (il primo in Italia) dal titolo “Struttura e dinamica della personalità nella psicologia di C.G. Jung”, fu lo spartiacque per una rilettura dei miti greci a sostegno della nuova psicanalisi, argomenti che, come abbiamo visto, vennero trattati anche con Pavese.
Nonostante i numerosi viaggi all’estero, dove si cimentò nella traduzione, rimase sempre legata alle sue radici Letojannesi, un paese che quando era ancora in vita, le dedicò la Biblioteca comunale, dove nel settembre del 2020 un nutrito gruppo di giovani ha fatto nascere un Circolo di lettura che porta il suo nome e che è tuttora impegnato nell’organizzazione di eventi culturali, come presentazioni di libri e mostre.