In Sicilia, il dibattito politico si accende attorno alla reintroduzione del voto diretto per l’elezione dei presidenti delle ex Province e dei consiglieri. Il disegno di legge, presentato all’Ars e già incardinato in Commissione Affari istituzionali, tenta di fermare le elezioni di secondo grado, previste a dicembre, che permetterebbero ai soli sindaci e consiglieri comunali di votare. Un ritorno alle urne aperte a tutti i cittadini appare però tutt’altro che scontato, e il rischio di un’impugnativa da parte della Corte costituzionale, come avvenne nel 2018, è altissimo.
La scadenza del 10 novembre, costringe il governo Schifani a correre contro il tempo per approvare una legge che riporti in auge il voto diretto, evitando così le elezioni di secondo livello (a metà dicembre) che rischiano di limitare fortemente la platea dei candidabili.
Le ragioni dietro il rinvio? Una norma che impone un’esperienza di almeno 18 mesi alla guida di un comune per poter concorrere alla presidenza di un Libero Consorzio. Questo vincolo escluderebbe automaticamente molti dei sindaci in carica, rendendo più complicata la definizione delle candidature. Oltre a ciò, il sistema di voto ponderato avvantaggerebbe i comuni più grandi, creando ulteriori tensioni tra i partiti.
Tuttavia, questo nuovo tentativo di ripristinare l’elezione diretta potrebbe risultare vano. Già nel 2018, il governo Musumeci aveva cercato di reintrodurre il voto diretto, ma la Corte costituzionale aveva bocciato la legge per contrasto con la normativa nazionale in vigore, la legge Delrio. Anche l’attuale governo Schifani, lo scorso febbraio, ha dovuto ritirare un disegno di legge simile prima che arrivasse in Aula. Adesso, senza un’adeguata modifica a livello nazionale, l’ombra dell’incostituzionalità si ripresenta.
Le opposizioni non hanno tardato a manifestare il proprio dissenso. Antonello Cracolici del Partito democratico ha definito la proposta “una grave violazione statutaria”, mentre Michele Catanzaro ha parlato di un “ennesimo bluff”. Anche il Movimento 5 Stelle, attraverso Martina Ardizzone, prevede una nuova “batosta” per il governo regionale.
Se la legge non verrà approvata entro il 10 novembre, le elezioni di secondo livello non potranno essere rinviate. L’Ars si troverà dunque ad affrontare una prova decisiva nei prossimi giorni, con una sessione di bilancio che incombe e che potrebbe bloccare ogni altro dibattito legislativo. La strada per reintrodurre il voto diretto si presenta quindi stretta e irta di ostacoli, lasciando aperto il dubbio se le Province siciliane torneranno mai a una piena rappresentanza democratica.