“Un ponte di feluche”: le barche dello Stretto dicono No al Ponte

Dopo la manifestazione No Ponte del 9 agosto 2025, che ha visto migliaia di persone sfilare per le vie di Messina contro la costruzione del Ponte sullo Stretto, la protesta si sposta in mare. Lunedì 11 agosto 2025, dalle ore 17, saranno le feluche – le imbarcazioni tradizionali dello Stretto usate per la pesca del pesce spada – a sventolare la bandiera rossa del No al Ponte.

Dalla polemica con Salvini alla mobilitazione in mare

L’iniziativa, intitolata Un ponte di feluche, unirà simbolicamente imbarcazioni provenienti da entrambe le sponde di Sicilia e Calabria. L’evento nasce anche come risposta a un episodio recente: durante la visita a Messina del ministro Matteo Salvini, una feluca era stata addobbata con striscioni pro Ponte e bandiere della Lega, suscitando polemiche e dibattiti. Questa volta, le feluche saranno il simbolo opposto, schierate in difesa del mare e della tradizione.

Le feluche, simbolo di identità e pesca sostenibile

Le feluche, riconoscibili per la lunga passerella anteriore e l’albero molto alto, sono il simbolo di una pesca sostenibile e identitaria. Gli organizzatori spiegano che “questa iniziativa è un atto di resistenza culturale e ambientale, per dire che lo Stretto non è un corridoio di traffico ma un ecosistema unico da tutelare”.

Luogo e partecipanti

Il ritrovo è fissato in Via Glauco (Circuito), fronte bar Atmosfere – ex Cioscu da Calia. A terra e in mare parteciperanno numerose associazioni e realtà civiche: Unione degli Universitari di Messina, Universitari No Ponte, Rete degli Studenti Medi Messina, WWF Italia, Partito Democratico Messina, Comitato No Ponte Capo Peloro, Messina Bene Comune, CGIL, Filt CGIL, ORSA Navigazione, Europa Verde, Movimento 5 Stelle, Invece del Ponte, Sinistra Italiana, ANPI, Mediterranea Saving Humans, Più Europa, Diritti in Movimento, Legambiente Messina, Associazione Mediterranea per la Natura, Zero Waste Sicilia e molti altri.

Le ragioni della protesta

La protesta vuole ribadire le ragioni già espresse nel corteo del 9 agosto: 14 miliardi di euro per un’opera definita “inutile, speculativa e dannosa” a fronte di emergenze reali come crisi idrica, infrastrutture locali insufficienti, sanità e scuole in difficoltà. Un messaggio chiaro: il futuro dello Stretto deve passare dalla tutela dell’ambiente e dal sostegno alle comunità locali, non dalla cementificazione.
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