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INTERVISTA Taormina, Chemi ricorda Pippo Baudo: “Premi, cene e un legame di… famiglia”

Il titolare di un locale storico racconta gli incontri con il grande presentatore e il rapporto speciale tra la sua famiglia e l’icona della televisione italiana

TAORMINA – Ci sono volti e storie che restano impressi nella memoria di una città. Pippo Baudo, con la sua eleganza e la sua sicilianità, ha lasciato un segno indelebile anche a Taormina. A raccontarlo è Antonio Chemi, titolare di un locale storico che conserva testimonianze preziose del conduttore. Premi consegnati, fotografie, cene condivise: una memoria familiare che oggi, alla notizia della sua scomparsa, si carica di emozione e orgoglio.

Quali sono i suoi ricordi personali e familiari legati a Pippo Baudo?
“Io ero piccolo, ma questi momenti restano vivi. Guardi, questa è la Giara d’argento che mio padre ricevette da Pippo Baudo nel ’78, un riconoscimento che ha segnato la nostra famiglia. Qualche anno dopo, nel 1990, fu mio fratello a ricevere dalle sue mani un premio come giovane imprenditore. Due episodi che ci hanno fatto sentire parte di una storia più grande. E poi ricordo anche una cena speciale con Gina Lollobrigida. Non saprei indicare l’anno preciso, ma la sensazione che si respirava quella sera era unica: c’era l’entusiasmo, l’energia di persone che rappresentavano un pezzo importante della cultura italiana. Per noi era motivo di orgoglio e di appartenenza”.

Cosa ha rappresentato Baudo a suo avviso per Taormina e per i siciliani?
“Per i siciliani è stato un simbolo. Era uno dei primi a farsi conoscere a livello nazionale grazie ai suoi programmi e per questo è diventato motivo di orgoglio collettivo. In televisione lo vedevamo sempre, ed era come avere un familiare davanti allo schermo. Non ha mai rinnegato le sue origini, anzi le ha portate con sé in ogni occasione. Militello, la sua città, ma anche Taormina: qui tornava con piacere e nel 2018 partecipò a una serata speciale per celebrare Laura Pausini, che lui stesso aveva lanciato nel panorama musicale. Certo, oggi ci sono artisti come Salvo La Rosa o Fiorello, ma Baudo è stato il primo vero punto di riferimento a livello nazionale, quello che ha aperto la strada agli altri. Con la sua signorilità e la sua capacità di raccontare la Sicilia al Paese intero, ha reso tutti noi un po’ più visibili”.

Oggi, cosa resta di quel legame?
“Resta tanto. Noi lo ricordiamo come un grande, un gigante dello spettacolo e della cultura televisiva. E siamo fieri di aver avuto, anche solo per un tratto di strada, un legame con lui. Le fotografie appese alle pareti del locale sono la prova tangibile di questo rapporto: non sono solo immagini, ma testimonianze di momenti che non torneranno più. Saranno custodite con cura, perché rappresentano una parte della nostra storia familiare e cittadina. Ogni volta che le guardo, non provo solo nostalgia, ma la consapevolezza che abbiamo avuto il privilegio di incrociare il cammino di una personalità irripetibile”.

Suo padre le ha mai raccontato qualche aneddoto sui gusti di Pippo Baudo a tavola?
“In quegli anni i menù erano semplici e legati alla tradizione. Oggi la cucina si è trasformata, si punta su piatti moderni, antipasti crudi e accostamenti innovativi, ma allora il gusto era per le cose genuine. Baudo amava i maccheroni alla norma, gli involtini di pesce spada e in generale le specialità tipiche degli anni ’70 e ’80. Mio padre diceva spesso che Pippo si sedeva a tavola con la stessa eleganza con cui saliva sul palco: non cercava piatti ricercati, ma sapori autentici, quelli che parlano della Sicilia. E questo lo avvicinava ancora di più alla nostra gente, perché era come noi, legato alle radici e alle tradizioni”.