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L’INTERVISTA Bolognari: “Baudo e Taormina Arte, un legame che ha segnato la città”

Il professore ed ex sindaco della città turistica ricorda il conduttore: dal sostegno al Festival all’invito al matrimonio con Katia Ricciarelli, fino al ruolo di protagonista della televisione italiana

L’intervista all’ex sindaco di Taormina, Mario Bolognari

TAORMINA – Pippo Baudo non fu solo il volto della televisione italiana, ma anche un alleato prezioso per Taormina e le sue istituzioni culturali. A ricordarlo è il professore Mario Bolognari, ex sindaco della città, che racconta il rapporto con il conduttore, tra sostegno a Taormina Arte, momenti personali e riflessioni sulla sua eredità. Un rapporto fatto di sostegno concreto, amicizia istituzionale, momenti privati e riflessioni profonde.

Professore Bolognari, lei ha descritto Baudo come una personalità forte ma equilibrata, capace di mediazioni. In quali momenti ha potuto apprezzare questo suo tratto?
“Devo premettere che l’ho conosciuto quando era già Pippo Baudo, il presentatore che incarnava la televisione italiana e in particolare la Rai negli anni Ottanta. Non c’è stata una vera amicizia personale, ma un legame fondato su interessi comuni. Il primo, e più importante, è stato Taormina Arte. Baudo sostenne sempre questa istituzione, sia dal punto di vista artistico che culturale. In quelle occasioni ho visto la sua capacità di tenere conto delle opinioni altrui, di mediare e trovare sempre una sintesi. Sapevano tutti qual era la sua collocazione politica, diversa dalla mia. A livello nazionale veniva definito democristiano, spesso con accezione negativa. Io invece lo intendevo come una dote: quella di ascoltare, di non chiudersi, di saper mediare. Era la sua forza. Conosceva il mestiere, rifletteva sulle contingenze politiche, culturali, artistiche. Oggi si parla di cultura nazionale popolare: per lui significava arrivare alla gente, cambiare l’Italia. La televisione ha cambiato il Paese, e con Baudo l’ha cambiato in meglio”.

Il suo rapporto con Baudo non fu solo legato a Taormina Arte. Lei fu anche invitato al matrimonio con Katia Ricciarelli.
“Sì, siamo nel 1986. Io ero membro del comitato di Taormina Arte, non ancora sindaco. Fummo invitati al Santa Tecla di Acireale. C’erano Mario Bonsignore, allora sindaco di Messina, Pippo Naro, presidente della Provincia, e Nicola Garipoli, sindaco di Taormina. Baudo apriva anche i suoi momenti più intimi a chi considerava parte di un percorso culturale e istituzionale. Era un uomo inclusivo, anche in quelle occasioni private mostrava la capacità di consolidare rapporti nel tempo”.

C’è un ricordo personale che le è rimasto particolarmente impresso?
“Una volta passeggiammo insieme lungo corso Umberto a Taormina, in piena estate. Era luglio o agosto, il corso strapieno di gente. Vedere le facce della gente che lo riconosceva fu uno spettacolo: prima lo guardavano increduli, poi si rendevano conto che era davvero lui. All’epoca non c’erano i cellulari, altrimenti sarebbe stato assediato di selfie. Lui però continuava a parlare con me fittamente, come se nulla fosse. Questo era Baudo: la stessa persona in pubblico e in privato, naturale e coerente”.

È vero che ci fu chi propose la sua candidatura a sindaco di Taormina?
“Francamente non mi risulta. Forse qualcuno lo pensò, ma non credo che avrebbe mai accettato. Il suo legame con la Sicilia era forte, ma non sicilianista. L’ideologia sicilianista è quella che pone la Sicilia al centro del mondo in senso esclusivo. Pippo non la pensava così. Amava la Sicilia per quello che era, nel bene e nel male, senza ridurla a folclore o patriottismo sterile. Denunciò pubblicamente la mafia, subendo anche un attentato. Il suo era un amore fatto di azioni concrete, non di simboli o bandiere. E se c’è stato un italiano che ha rappresentato l’unità nazionale nel dopoguerra, quello è stato Pippo Baudo”.

Lei ha parlato anche del suo legame con il Teatro Antico e con Taormina Arte.
“Sì, il suo rapporto con Taormina Arte fu continuo. L’ultima volta fu nel 2018, in occasione di una celebrazione in onore di Laura Pausini, una delle sue creature artistiche. Baudo non ha lasciato un’eredità visibile a tutti, ma la sua azione fu sempre di tutela. L’ho definito il fratello maggiore, l’amico più grande che ti consiglia. Aveva rapporti stretti con ministri, deputati, uomini di peso della Democrazia cristiana. La sua parola pesava, ma non in modo invasivo. Per Taormina Arte questo fu decisivo. Nei momenti difficili, come nella scelta dei direttori artistici, ascoltava, discuteva, dava suggerimenti. Ma rispettava sempre i ruoli, senza mai oltrepassare il limite della corretta collaborazione. Per questo la sua presenza fu fondamentale”.

In conclusione, cosa resta oggi di Pippo Baudo?
“Resta un uomo che ha saputo cambiare l’Italia e dare voce a un Paese che usciva dal dopoguerra e cercava modernità. Resta la sua capacità di unire, la sua naturalezza, la sua forza equilibrata. Io intitolerei a lui il ponte di Messina, che spero non si faccia, ma qualora si dovesse realizzare, Pippo Baudo sarebbe uno dei nomi da considerare”.