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Al teatro Massimo il dittico contro la violenza di genere “Aleko” e “Pagliacci” inaugura la stagione lirica

La regia di Silvia Paoli e la direzione di Francesco Lanzillotta trasformano le due opere in un’unica denuncia del femminicidio. Repliche dal 21 al 27 novembre

PALERMO – Nel mese in cui ricorre la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il teatro Massimo sceglie di aprire la stagione lirica 2025-2026 con un progetto artistico di forte impatto civile oltre che musicale. Venerdì 21 novembre alle 19 debutta un dittico inedito: “Aleko” di Sergej Rachmaninov e “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo. Due opere che mettono in dialogo due forme di verismo, quello russo e quello italiano, legate da un tema purtroppo di drammatica attualità, il femminicidio.

Un’accoppiata mai tentata prima, che unisce due opere composte nello stesso anno, il 1892, eppure lontanissime per linguaggi, estetiche, geografie. A Palermo trovano un nuovo equilibrio grazie alla regia di Silvia Paoli, al suo debutto sul palco del Massimo e alla direzione musicale di Francesco Lanzillotta, maestro tra i più autorevoli della sua generazione, che torna sul podio dell’orchestra del teatro.

Un dittico che diventa un unico racconto sulla violenza di genere

La scelta di affiancare Aleko, presentata per la prima volta in Italia in forma scenica e Pagliacci nasce dall’evidente somiglianza strutturale dei due titoli caratterizzate dalla presenza di un uomo tradito, di una donna che rivendica la propria libertà ed un epilogo in cui il possesso maschile si tramuta in violenza omicida. Due storie che si specchiano e che convergono in una denuncia incisiva dell’impossibilità tragicamente attuale, dell’uomo di accettare l’autodeterminazione femminile.

Silvia Paoli, con una regia dai tratti fortemente simbolici, sceglie di non edulcorare la realtà: “La brutalità di Canio e di Aleko sopravvive ancora nella nostra quotidianità”, afferma, ricordando che il delitto d’onore, evocato nella celebre invettiva di Canio è stato cancellato dall’ordinamento italiano soltanto nel 1981.

La regista apre lo spettacolo con un gesto scenico estremo: 75 coltellate, tante quante quelle inflitte a Giulia Cecchettin dal suo assassino. “Un numero che potrà sembrare eccessivo o provocatorio, ma che è reale”, sottolinea Paoli, chiamando in causa non solo l’opera ma la cronaca, le statistiche e le oltre settanta donne uccise in Italia nel 2025. Sul palco, verrà proposto un momento collettivo particolarmente intenso che coinvolgerà le lavoratrici del teatro tra sarte, truccatrici, attrezziste, che deporranno un fiore sul corpo di Zemfira, in una sorta di rappresentanza simbolica di tutte le vittime.

La forza del teatro e il ruolo sociale dell’opera

Lanzillotta, che firma la concertazione musicale del dittico, insiste sul valore sociale del teatro d’opera: “Per ritrovare un ruolo centrale nella società, il teatro deve affrontare temi contemporanei di reale rilevanza. È importante che ai compositori si commissionino più opere nuove che parlino del nostro tempo”.

Nelle sue mani, le partiture di Rachmaninov e Leoncavallo, così diverse per scrittura e timbro,diventano due capitoli di uno stesso racconto, quello di una donna che ama liberamente e di un uomo che non accetta quella libertà.

Visione scenica: dal limbo di Zemfira al circo di Pagliacci

La regia articola i due atti in continuità narrativa. Aleko si apre in un limbo sospeso, un non-luogo in cui la protagonista, già morta, scava nella memoria. Gli oggetti della scena, un divano, una vasca, un armadio, emergono come frammenti del ricordo, evocazioni della vita lasciata alle spalle evocando un universo sfumato, lirico e rarefatto. Con Pagliacci, invece la scena cambia registro. Lo spazio si fa concreto e caratterizzato da colori forti. Qui la tragedia si ripete, ma stavolta davanti a un pubblico pagante, quasi a suggerire come la società assista impotente e talvolta indifferente alla violenza che si consuma sotto gli occhi di tutti.

Il cast internazionale

Nel ruolo dei protagonisti un cast di spessore internazionale composto da Elchin Azizov, baritono azero, nel ruolo di Aleko e Tonio, Carólina Lopez Moreno nei ruoli di Zemfira e Nedda, figure femminili che incarnano ribellione e desiderio di libertà e Brian Jagde nei panni di Canio, tragico interprete della gelosia omicida. Nel cast alternativo figurano Federico Longhi, Tetiana Miyus e Ivan Magrì. Completano la compagnia artisti affermati come Pavel Kolgatin, Petar Naydenov, Gustavo Castillo, Matteo Mezzaro, Antonio Barbagallo, Federico Cucinotta, Gianmarco Randazzo e Francesco Polizzi.

Il team creativo è prevalentemente femminile, con Eleonora De Leo alle scene, Ilaria Ariemme ai costumi, Fiammetta Baldiserri e Marcello Lumaca alle luci e Daisy Ransom-Phillips alla coreografia. Coinvolte tutte le compagini della Fondazione: coro, coro di voci bianche, corpo di ballo e orchestra del teatro Massimo.

Le due trame, libertà e sangue

Il dittico racconta due storie parallele di amore, tradimento e morte.
In Aleko, il protagonista russo vive tra gli zingari alla ricerca di libertà, ma non concede la stessa libertà a Zemfira, che lo abbandona per un giovane del campo vicino. Accecato dalla gelosia, Aleko uccide entrambi. La comunità, estranea a tale violenza, lo abbandona solo con il suo crimine.

In Pagliacci, Canio sospetta la relazione di Nedda con Silvio. Durante la rappresentazione teatrale, quando la finzione si confonde con la realtà, Canio uccide la moglie e il suo amante davanti al pubblico, delitto che richiama un fatto di cronaca realmente accaduto a Leoncavallo.

Le repliche dello spettacolo andranno in scena il 22, 23, 25, 26 e 27 novembre.