MESSINAN- I dati diffusi dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre restituiscono un quadro complessivamente positivo per l’export italiano nel 2025. Nei primi nove mesi dell’anno le esportazioni registrano una crescita del 3,6%, un risultato significativo se si considerano le difficoltà del contesto internazionale, segnato dai dazi statunitensi e dalle persistenti tensioni geopolitiche. Una dinamica che conferma la capacità del sistema produttivo nazionale di reggere l’urto di uno scenario globale complesso, ma che al tempo stesso mette in evidenza profonde differenze territoriali.
All’interno di questo quadro nazionale incoraggiante, la Sicilia mostra segnali di dinamismo fortemente disomogenei. A sottolinearlo è il segretario generale della Cgil Messina, Pietro Patti, che evidenzia come alcune province dell’Isola facciano registrare performance di assoluto rilievo, mentre altre restano indietro. Palermo si colloca addirittura al primo posto a livello nazionale per crescita dell’export, mentre Enna rientra nella top five, confermandosi al quinto posto. Di contro, Messina evidenzia una netta difficoltà: nei primi nove mesi del 2025 l’export della provincia segna un calo del 3,3%, posizionandosi all’84° posto su 107 province italiane.
Una flessione che, secondo la Cgil, non può essere letta come un dato congiunturale. “Questo risultato – osserva Patti – segnala una fragilità strutturale del tessuto produttivo locale che come Cgil Messina abbiamo già evidenziato più volte”. Una debolezza che rende ancora più urgente, per il sindacato, l’avvio di una politica industriale mirata e coerente con le specificità del territorio. In particolare, viene indicata la necessità di sostenere la riconversione produttiva, a partire dai processi di transizione energetica e digitale, di incentivare l’innovazione e di valorizzare pienamente le filiere locali, dall’agroalimentare di qualità alla logistica portuale, dall’economia del mare alla cantieristica navale.
Ma la crescita dell’export, per la Cgil, non può essere un obiettivo fine a sé stesso. Le politiche industriali, sottolinea Patti, devono tradursi in lavoro stabile e sicuro, salari dignitosi, piena applicazione dei contratti nazionali e rafforzamento della contrattazione territoriale. In assenza di questi elementi, il rischio è che anche eventuali segnali di ripresa si accompagnino a nuove forme di precarizzazione.
Da qui l’appello a un’assunzione di responsabilità collettiva. Per la Cgil Messina è indispensabile che la politica, gli attori istituzionali e le parti datoriali si interroghino seriamente sul modello di sviluppo da perseguire nella provincia, per evitare un ulteriore scivolamento nelle classifiche nazionali e internazionali. “Non si può continuare a nascondere la polvere sotto il tappeto facendo finta che tutto vada bene”, è il messaggio del sindacato, che chiede di utilizzare l’export e gli altri indicatori economici e produttivi come leve di coesione sociale e di reale sviluppo del Mezzogiorno, e non come strumenti che alimentano disuguaglianze e insicurezza nel lavoro.






