MESSINA – Un Natale che non si esaurisce nei riti, ma che interpella le coscienze e chiama ciascuno a farsi prossimo. È questo il senso profondo del messaggio natalizio che l’arcivescovo Giovanni Accolla ha rivolto alla città, scegliendo di dedicare il suo augurio soprattutto a chi vive nel disagio, nella solitudine e nel dolore. Un pensiero che abbraccia i bambini, gli emarginati, le persone segnate dalla violenza e chi ha conosciuto la perdita di un affetto caro, restituendo alla festa cristiana il suo significato più autentico e umano.
Il Natale, nelle parole dell’arcivescovo, non è evasione né consolazione astratta, ma occasione concreta per riscoprire una responsabilità condivisa, capace di tradursi in gesti di attenzione, ascolto e vicinanza. Una festa che chiede di rallentare, di guardare negli occhi chi è più fragile e di farsi carico delle ferite che attraversano la comunità.
Una Chiesa viva, aperta e incarnata nella realtà
Nel suo messaggio, mons. Accolla ha richiamato il pensiero di Papa Francesco, sottolineando come la Chiesa sia realmente viva solo quando è animata dallo Spirito, aperta al mondo e capace di incarnare il Vangelo in modo umile e concreto. Non una Chiesa ripiegata su se stessa, ma una comunità in uscita, che cammina insieme agli uomini e alle donne del nostro tempo, condividendone le fatiche e le speranze.
È in questa prospettiva che il Natale diventa segno di una presenza che non giudica, ma accompagna, che non esclude, ma accoglie. Una presenza che si fa credibile quando riesce a parlare il linguaggio della vita quotidiana e a farsi carico delle contraddizioni del presente.
Conservare, proteggere, custodire: lo stile di Maria
Tra i passaggi centrali del messaggio, l’arcivescovo ha affidato alla comunità tre consegne precise: conservare, proteggere e custodire. Un invito che richiama l’esempio di Maria, figura silenziosa e forte, capace di accogliere Gesù nella concretezza della vita e di custodirne il mistero anche nei momenti di incertezza.
Accogliere il Natale, ha spiegato mons. Accolla, significa proprio questo: fare spazio a Gesù nelle scelte quotidiane, nei rapporti familiari, nel lavoro, nella vita sociale. Un’accoglienza che non resta confinata alla sfera personale, ma che si traduce in uno stile comunitario fondato sulla cura reciproca e sul rispetto.
La comunicazione come strumento di bene
Un’attenzione particolare è stata riservata anche al ruolo della comunicazione, indicata come strumento prezioso di evangelizzazione. Una comunicazione chiamata non a rincorrere il rumore o la polemica, ma ad amplificare il bene, a raccontare storie di speranza e a generare fiducia.
In un tempo segnato da conflitti, paure e disorientamento, comunicare in modo responsabile significa contribuire a costruire legami, a contrastare la cultura dello scarto e a restituire dignità alle persone. Anche questo, nel messaggio dell’arcivescovo, è un modo concreto di vivere il Natale.
Il ricordo delle vittime e la forza della resilienza
Il messaggio si è concluso con un pensiero rivolto alle vittime di incidenti e violenze, tra cui Sara Campanella. Un ricordo carico di rispetto e commozione, che si è trasformato in testimonianza di speranza. La famiglia di Sara, ha detto mons. Accolla, rappresenta un esempio di resilienza e di fede nella certezza che il bene, anche quando sembra fragile, è destinato a vincere sul male.
Un messaggio che non rimuove il dolore, ma lo attraversa, indicando nel Natale non una risposta facile, bensì una promessa: quella di una luce che continua a brillare anche nelle notti più buie, affidata alla responsabilità e al cuore di ciascuno.





