PALERMO – Nuovo duro colpo inflitto alle reti di sostegno economico e logistico di Matteo Messina Denaro, il superlatitante di Cosa nostra arrestato lo scorso anno dopo trent’anni di fuga. I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, su disposizione del tribunale di Trapani, sezione misure di prevenzione, hanno eseguito un imponente sequestro di beni per un valore complessivo che supera i 3 milioni di euro. I sigilli sono scattati a carico di uno dei principali fiancheggiatori del boss trapanese, già condannato in via definitiva a 9 anni e 2 mesi di reclusione. Le indagini patrimoniali hanno consentito di ricostruire nel dettaglio il patrimonio illecito accumulato dal soggetto, evidenziando una discrepanza rilevante tra i redditi ufficialmente dichiarati e le effettive disponibilità economiche.
L’operazione si inserisce nell’ambito del più ampio procedimento di prevenzione avviato subito dopo la cattura del boss trapanese, avvenuta nel gennaio 2023. Gli accertamenti, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Palermo, si sono concentrati sulla ricostruzione dei flussi finanziari che avrebbero sostenuto la lunga latitanza del capo di Cosa nostra. Secondo quanto emerso, il soggetto colpito dal sequestro avrebbe fornito un concreto e sistematico supporto economico, attraverso l’emissione di numerosi bonifici e assegni intestati a persone ritenute molto vicine a Messina Denaro. Tali operazioni finanziarie, documentate dagli inquirenti, avrebbero garantito una costante disponibilità di fondi al boss, consentendogli di mantenere lo status di intoccabile durante la sua trentennale latitanza.
Alla luce delle evidenze investigative fornite dai finanzieri, il Tribunale di Trapani, ha accolto le richieste della Dda, disponendo il sequestro preventivo dei beni riconducibili al fiancheggiatore e al suo nucleo familiare. I beni sottratti ammontano a un valore complessivo stimato in oltre 3 milioni di euro e comprendono, due società attive nella coltivazione, lavorazione e conservazione di frutti oleosi, frutta e ortaggi, entrambe con sede a Campobello di Mazara (TP), località già al centro di numerose inchieste sulla rete di fiancheggiatori di Messina Denaro, sette immobili, tra appartamenti e terreni agricoli situati nei comuni di Campobello di Mazara e Castelvetrano, paese natale dello stesso Messina Denaro. A seguire, tre rapporti bancari su cui sarebbero transitati ingenti flussi finanziari e un autoveicolo. Il sequestro, precisano le fonti della Guardia di Finanza, è stato eseguito in attesa del contraddittorio in udienza, che si svolgerà dinanzi al Tribunale di Trapani, come previsto dalle procedure di legge.