Ci sono storie che non urlano, non cercano clamore, ma bussano con discrezione alla porta della coscienza. Storie che, anche a distanza di decenni, chiedono soltanto di essere ascoltate. È in questo spazio di silenzio e verità che si muove il romanzo d’esordio di Ronald H. Balson, avvocato e scrittore statunitense, capace di trasformare un’indagine giudiziaria in una riflessione profonda sul tempo, la memoria e la giustizia. Con una trama che si muove tra il presente di Chicago e l’Europa della seconda guerra mondiale, Balson costruisce una narrazione potente, ispirata a fatti reali, ma impreziosita da un raro equilibrio tra rigore legale ed intensità emotiva.
Nella nuova puntata de “Il libro in vetrina“, la rubrica settimanale di RadioTaormina Tv curata con Fabio Raspa e Cartolibrando, entriamo nel vivo di Volevo solo averti accanto, che ci racconta una vicenda che si apre con un gesto clamoroso, quello di un uomo Ben Solomon, sopravvissuto all’Olocausto che accusa pubblicamente un noto filantropo, Elliot Rosenzweig, di essere in realtà Otto Piatek, ex ufficiale nazista responsabile di efferati crimini. Da qui prende il via una complessa battaglia legale affidata all’avvocatessa Catherine Lockhart e all’investigatore Liam Taggart, che scava nel passato di Ben tra ricordi dolorosi, documenti scomparsi e verità insabbiate.
Un romanzo che parla al nostro presente
La forza narrativa di Ronald H. Balson risiede nella sua capacità di mettere in relazione due dimensioni apparentemente lontane, la precisione della procedura legale e l’emozione profonda della memoria storica. In Volevo solo averti accanto, la giustizia non è solo un elemento confinato ad un’aula di tribunale, ma un cammino personale, spesso difficile e doloroso, in cui la ricerca della verità si intreccia con le ferite del passato. Proprio per questo, il romanzo si inserisce nel solco della migliore narrativa civile americana, quella capace di usare la letteratura come strumento per interrogare la coscienza collettiva.
L’intreccio tra diritto e memoria offre al lettore un messaggio forte e attuale, quello di una giustizia che non ha scadenze. In un’epoca in cui antisemitismo, negazionismo e revisionismi pericolosi tornano a farsi sentire, la storia di Ben Solomon acquista un valore universale.
La verità come atto di resistenza
Ma il romanzo di Balson è molto più di un’indagine o di una cronaca processuale. È un omaggio alla forza della memoria e alla capacità di resistere al silenzio. Ben Solomon, con la sua fragilità e ostinazione, rappresenta tutti coloro che per anni hanno custodito un dolore taciuto, in attesa del momento giusto per raccontarlo. E lo scrittore, con uno stile sobrio ma intenso, dà voce a queste storie sommerse, restituendo loro ascolto e riconoscimento.
In un tempo segnato da conflitti identitari, tensioni ideologiche e sfiducia crescente nelle istituzioni, il romanzo ci rammenta che ricordare non è soltanto un atto commemorativo, ma una scelta di responsabilità civile. Solo attraverso il riconoscimento lucido e onesto delle colpe del passato si può aspirare a una società più giusta e consapevole, perché la memoria, se vissuta come impegno, diventa uno degli strumenti più forti per costruire il futuro.