Oggi, 10 ottobre, è la Giornata Mondiale della Salute Mentale, anche se forse non serve una sola giornata per riflettere su un tema così vicino a tutti. Capita sempre più spesso di avere accanto qualcuno che soffre, o ha sofferto, di disturbi mentali. Segno che la salute della mente non è più un tabù, ma una realtà con cui conviviamo ogni giorno.
L’allarme globale: burnout in crescita
Gli esperti parlano ormai di una “epidemia globale di burnout”, come confermano i nuovi dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), secondo cui oltre un miliardo di persone nel mondo convive con una forma di disagio mentale.
Gli specialisti invitano i governi a potenziare la prevenzione e a valutare l’uso di strumenti digitali e di meditazione basati sull’intelligenza artificiale per favorire il benessere psicologico.
Europa e Italia sotto la lente
Il Rapporto Globale sulla Salute Mentale 2025 dell’OMS rivela che ansia e depressione restano le principali cause di disabilità nel mondo, colpendo una persona su otto. Tuttavia, la salute mentale riceve ancora meno del 2% dei fondi sanitari nella maggior parte dei Paesi.
In Europa, secondo i dati OCSE–Commissione Europea, si contano 84 milioni di persone con disturbi mentali, per un costo complessivo superiore a 600 miliardi di euro l’anno.
In Italia, oltre 16 milioni di persone, circa un quarto della popolazione, hanno dichiarato di aver sofferto di disturbi psicologici di media o grave entità nel 2024, con un incremento del 6% rispetto al 2022 (Istituto Superiore di Sanità, 2025).
“In tutta Europa stiamo affrontando una silenziosa epidemia di stress e i sistemi sanitari non riescono a stare al passo.
Le persone sono sommerse dal rumore digitale e alla fine a pagarne il prezzo è la salute mentale”, afferma Sumita Hutchison, direttrice di un NHS Foundation Trust nel Regno Unito.
I giovani e i social media
Il Ministero della Salute degli Stati Uniti, nel recente rapporto Social Media and Youth Mental Health (2025), ha reso noto che il 95% degli adolescenti utilizza i social media e che chi vi trascorre più di tre ore al giorno ha il doppio delle probabilità di soffrire di ansia e depressione. Gli esperti spiegano che la costante connessione e la pressione sociale online sono ormai tra i principali fattori di stress globale.
Ma la tecnologia non è solo parte del problema: può essere anche parte della soluzione. “Gli interventi digitali, se ben regolamentati, possono ridurre i tempi di attesa, migliorare il coinvolgimento e potenziare il monitoraggio dei sintomi”, aggiunge Hutchison.
Un esempio è Miracle of Mind, l’app gratuita di meditazione creata dallo yogi indiano Sadhguru e sostenuta dai ricercatori della Harvard University, che ha raggiunto un milione di download in sole 15 ore dal lancio (dati AppBrain, 2025). L’app propone una meditazione guidata di sette minuti, assistita dall’intelligenza artificiale, pensata per ridurre lo stress e migliorare la chiarezza mentale.
“Le persone hanno un disperato bisogno di strumenti semplici e accessibili per alleviare lo stress”, spiega il dottor Bala Subramaniam, docente alla Harvard Medical School. “Il successo di queste applicazioni dimostra quanto sia reale la necessità di interventi efficaci e scientificamente validati. È un campanello d’allarme per i legislatori.”
La tecnologia non è un nemico
Gli analisti concordano: la tecnologia, se usata in modo responsabile, potrebbe alleggerire i sistemi sanitari e favorire la prevenzione, soprattutto tra i giovani e nelle aree più isolate. Tuttavia, servono regole chiare, tutela dei dati personali e supervisione clinica.
E forse, tutto questo ci invita a una riflessione più ampia: dobbiamo imparare a ridurre l’aggressività e la tensione in un mondo in cui lo smartphone è spesso una fonte di ansia più che di connessione. Non si tratta di demonizzarlo, ma di ritrovare equilibrio, imparando a usarlo con consapevolezza e limiti.






